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I PASSI DI MIA MADRE

I passi di mia madre, romanzo breve della scrittrice Elena Mearini, aggiudicatasi con questo lavoro il premio Strega. La trama vede la protagonista, Agata, editrice sulla quarantina, alle prese con un intenso conflitto interiore generato dalla mancanza di una figura materna, che ha abbandonato la famiglia quando ancora era bambina, e la cui presenza già […]

I passi di mia madre, romanzo breve della scrittrice Elena Mearini, aggiudicatasi con questo lavoro il premio Strega. La trama vede la protagonista, Agata, editrice sulla quarantina, alle prese con un intenso conflitto interiore generato dalla mancanza di una figura materna, che ha abbandonato la famiglia quando ancora era bambina, e la cui presenza già allora veniva percepita come distante.

LUCA NONNE

Ella dovrà quindi fare i conti con la memoria di sua madre, che riemerge e si impone in modo frequente, e con un rapporto amoroso che riflette quello di presenza/assenza con la madre, forse proprio per mantenerlo vivo, in una sorta di “coazione a ripetere”.

Il romanzo catapulta il lettore in un tempo sospeso, che riesce tuttavia a scorrere bene in una narrazione fluida e dinamica, un eterno presente che si consuma a suon di incontri di lavoro, sfoghi sessuali e xanax. L’autrice riesce a fornire un quadro realistico sulla psicologia che sta dietro la depressione, l’ossessione, l’apatia, patologie così diffuse nel mondo contemporaneo, aprendo a un ampio pubblico la possibilità di creare una immediata connessione empatica con la protagonista. Il percorso in cui ci conduce Agata si alterna fra azioni di vita quotidiane a frequenti pensieri morbosi e invasivi (come i numerosi ipotetici episodi della madre in convento, o di lei bambina), in cui tutto si fa più lento, procede per inerzia, in un immobilismo cronico. A spezzare il ritmo galoppante del racconto sono proprio questi intermezzi, questi viaggi mentali (talvolta ridondanti e riempitivi, ma che restituiscono le dinamiche di un pensiero morboso), che oscillano fra il ricordo ed elaborazioni fantasiose, arricchiti da aforismi efficaci, funzionali a togliersi di dosso il peso dell’ingiustizia e dell’inadeguatezza. È un vuoto incolmabile quello che condivide con noi il personaggio, che ne pervade l’esistenza e di cui è consapevole, e vani sono i tentativi di fuga nelle tante distrazioni.

Il tempo acquista un orizzonte di senso solo nel finale, quando tutti i nodi che ci vengono presentati nel corso del romanzo, vengono al pettine: Agata farà i conti con il suo passato, per poter finalmente vivere proiettata nel futuro.

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