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KEN FOLLETT “UN LUOGO CHIAMATO LIBERTÀ” Riccardo Bianco nato nel 1989, risiede a Quiliano, ma è di Savona. Autore lui stesso, è stato finalista in premi letterari. Ha pubblicato “Ci scusiamo per il disagio” che è la sua prima collezione di racconti autopubblicata, ma anche racconti brevi come “Nata sulla Luna”, “La casa in affitto” […]

KEN FOLLETT

“UN LUOGO CHIAMATO LIBERTÀ”

Riccardo Bianco nato nel 1989, risiede a Quiliano, ma è di Savona. Autore lui stesso, è stato finalista in premi letterari. Ha pubblicato “Ci scusiamo per il disagio” che è la sua prima collezione di racconti autopubblicata, ma anche racconti brevi come “Nata sulla Luna”, “La casa in affitto” “Stasera cucino io”. Questa volta non affronta  il tema della libertà, con tutte le sfacttature che la compongono.  Un libro che fa discutere e invita a pensare.

KEN FOLLETT

“UN LUOGO CHIAMATO LIBERTÀ”

I MIEI PERCHÈ

RICCARDO BIANCO

Abbiamo da poco superato il 25 aprile e per noi italiani, il ricordo di questo giorno sarà sempre legato all’idea di libertà. La definitiva uscita da uno dei periodi più bui della storia moderna. La libertà, e la sua retorica, è nata insieme all’uomo, con tutte le sue molteplici sfaccettature che troppo spesso vengono lasciate alla libera interpretazione con il rischio di abusarne o limitarla, specialmente quando si tratta di quella degli altri. Proprio questo giorno mi ha fatto tornare in mente un libro che di libertà, appunto, se ne intende.

Come il titolo ci suggerisce, anche se siamo molto lontani nello spazio e nel tempo dalle lotte partigiane che ci hanno toccato più da vicino, la libertà viene intesa come un luogo da raggiungere, una conquista. Guadagnarsi il diritto alla vita ribellandosi con forza, se necessario, contro chi minaccia la nostra libertà o quella di un popolo.

 

La legge era utile soltanto per quelli che avevano la forza per farla valere, a quanto pareva.

 

“Un luogo chiamato libertà” di Ken Follett parla appunto di questo, forse non uno dei suoi libri più famosi, anche se ha ugualmente venduto milioni di copie. Lo scrittore ci catapulta nelle miniere scozzesi dove faremo la conoscenza del sanguigno protagonista Malachi McAsh. Ma della trama ve ne parlerò tra un attimo.

Ken Follett è uno dei più grandi scrittori di best-seller al mondo. I suoi romanzi hanno fatto il giro del globo e sono stati tradotti in moltissime lingue. “Chi non lo conosce?”, verrebbe da chiedersi. Eppure, nel mio caso, non ho letto molti suoi libri, anzi questo si potrebbe dire l’unico. Sono molto disordinato nella scelta delle mie letture e fino adesso non mi ero mai imbattuto in un suo romanzo con la necessaria convinzione, pur essendo stato più volte incuriosito da diversi suoi titoli. Ma un libro sa aspettare pazientemente il suo momento. Questo in particolare, come spesso accade, mi è capitato tra le mani per caso. Recuperato da un’altra libreria che aveva bisogno di spazio. I libri sono in grado di far vivere mille vite diverse ai propri lettori, così come i lettori facendo circolare un libro possono donargli più vite, semplicemente permettendo ad altri di leggerlo. Per una libreria troppo piena ce n’è un’altra con uno spazio libero già pronto.

 

<Ti sei messo contro le persone più potenti di queste parti.>

<Sì, ma ho ragione.>

<Certo. Però la ragione e il torto non contano molto in questo mondo… solo nel prossimo.>

 

Come spesso ha abituato i suoi lettori anche questo volume di Follett ha un discreto spessore. Tutte pagine necessarie ad entrare nella vicenda e conoscere a fondo i personaggi, affezionarcisi o detestarli, ma ad ogni modo arrivare a percepire i loro pensieri e le motivazioni che spingono ogni loro azione, come se facessero parte della nostra vita già da tempo.

Le vicende del giovane e combattivo Malachi McAsh, che presa confidenza chiameremo solo Mack, iniziano nelle miniere scozzesi dove uomini, donne e bambini sono al servizio dei loro padroni, mettendo in gioco le loro vite a condizioni estreme e inumane “solo” per potersi guadagnare il pane per vivere.

Gli animi delle persone fanno tanto presto a incendiarsi al suono di una bella notizia quanto velocemente si spengono al sentore della paura. Così sono anche i bagliori delle rivolte, perché per chiunque provi a ribellarsi è già pronta una severa punizione ed umiliazione pubblica, tanto che solo pochi e rari personaggi ben determinati possano pensare di ribellarsi. Il collare, al pari di un animale, è il simbolo emblematico della schiavitù che il protagonista avrà sempre con sé, e da cui parte il racconto, proprio per non rischiare di dimenticarsi mai da dove proviene e la sua storia. Sarà difficile non provare empatia per il giovane minatore in cerca di libertà e seguirlo, pagina dopo pagina, nelle sue avventure e peripezie, nella sua lotta impari contro la giustizia che quasi mai sta dalla parte dei più deboli. Alla ricerca del riscatto sociale ci sposteremo in Inghilterra e infine in America. Inseguiremo gli intricati fili del destino, che con un senso amaro dell’ironia faranno capire al protagonista che per quanto si possa scappare, il passato così come la nostra vita, rimane sempre appiccicato addosso come un’ombra da cui non si può fuggire o nascondersi, ma solo farci i conti ogni giorno.

 

Si chiese se sarebbe mai riuscito ad avere una vita normale, con moglie e figli.

Si scosse. Se l’avesse voluta veramente, l’avrebbe avuta. Ma si era rifiutato di arrendersi e accettare ciò che il mondo gli offriva. Voleva di più.

Voleva essere libero.

 

Di