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La metamorfosi, racconto dello scrittore boemo Franz Kafka è un classico di fama mondiale, come del resto il suo autore. LUCA NENNE Scrittore enigmatico, costruisce nelle sue opere ambienti claustrofobici, nei quali l’individuo si muove in percorsi spesso a lui stesso estranei e incomprensibili, schiacciato da un mondo che lo sovrasta nelle sue rigide regolamentazioni […]

La metamorfosi, racconto dello scrittore boemo Franz Kafka è un classico di fama mondiale, come del resto il suo autore.

LUCA NENNE

Scrittore enigmatico, costruisce nelle sue opere ambienti claustrofobici, nei quali l’individuo si muove in percorsi spesso a lui stesso estranei e incomprensibili, schiacciato da un mondo che lo sovrasta nelle sue rigide regolamentazioni e da una burocrazia opprimente, simbolo se vogliamo di quello che Max Weber definì “la gabbia d’acciaio” e quindi una possibile lettura critica ai processi della modernità, fra le tante letture che possiamo dare alle sue opere. Per chi è interessato un esempio filmico che coglie lo spirito di Kafka è “Il processo” di Orson Welles, ripreso dall’omonima opera dell’autore: smarrimento esistenziale, burocrazia soffocante, pareti che incombono sul protagonista che si muove in uno stato di angoscia e senso di impotenza fra tribunali e le strade della città, in un bianco e nero che mescola luci e ombre.

Seppur si possono intravedere alcuni elementi ricorrenti, in realtà i suoi libri si prestano a numerose interpretazioni, e fra le più disparate: filosofiche, religiose, storiche.

Per Kafka è stato coniato a tal proposito il termine “allegorismo vuoto” proprio a indicare che sebbene ciò che viene messo in scena nelle sue storie rimandi sempre a qualcosa, non è mai certo sapere a cosa faccia riferimento. Questo senso di mistero che aleggia nelle sue opere è uno di quegli elementi ricorrenti che lo caratterizza.

La metamorfosi è senza dubbio il suo racconto più noto.

Il protagonista, Gregor Samsa, un giorno si sveglia nella sua camera nelle inaspettate fattezze di un grande scarafaggio, incapace di comunicare con la sua famiglia, i cui componenti preso atto della situazione, saranno combattuti da sentimenti contrastanti e dal come dover agire nei suoi confronti.

Kafka qui riprende molti dei suoi tratti tipici: un senso di angoscia permea la narrazione, Gregor è chiuso necessariamente negli spazi angusti della sua camera; particolarmente centrale è il tema dell’alienazione, il sentirsi estraneo o insufficiente nella propria società, in ruoli che in essa all’individuo non appartengono, l’alienazione del lavoro (il primo pensiero di Kafka appena resosi conto della situazione è di non poter andare a lavorare, più che della condizione in sé) o legato al terrore di essere un improduttivo parassita.

Soprattutto riflette il travagliato rapporto di Kafka con la figura paterna, che viene più approfondito in “lettera al padre” pubblicazione postuma dell’autore.

Egli fu infatti molto distante dal modello mascolino del padre e da un educazione che poco si confaceva all’esile e timido Franz Kafka, le cui scelte sono state molto spesso condizionate dai desideri del primo piuttosto che seguire le proprie, probabilmente anche la sua laurea in giurisprudenza, il quale ha sempre avuto invece vocazioni letterarie.

Gregor Samsa da lavoratore che contribuisce al sostentamento della famiglia, finisce per diventare un peso, che porterà la famiglia ad agire di conseguenza in un finale molto coinvolgente.

La metamorfosi è un racconto breve, di facile lettura, mantiene il lettore incollato per le poche ore necessarie a finire il testo, di cui difficilmente si resiste a non iniziare subito il capitolo successivo. Uno dei capolavori della letteratura del 900

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