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“DOVE IL VENTO GRIDA PIÙ FORTE” SECONDO RICCARDO BIANCO Riccardo Bianco è nato nel 1989, risiede a Quiliano, ma è di Savona. Ama leggere “passione che mi ha avvicinato molto alla scrittura con la voglia di mettermi alla prova. Non resisto al fascino di una bella storia. ” Come scrive di sé stesso. Autore, è […]

“DOVE IL VENTO GRIDA PIÙ FORTE” SECONDO RICCARDO BIANCO

Riccardo Bianco è nato nel 1989, risiede a Quiliano, ma è di Savona. Ama leggere “passione che mi ha avvicinato molto alla scrittura con la voglia di mettermi alla prova. Non resisto al fascino di una bella storia. ” Come scrive di sé stesso. Autore, è stato finalista in premi letterari. Ha pubblicato “Ci scusiamo per il disagio” che è la sua prima collezione di racconti autopubblicata, ma anche racconti brevi come “Nata sulla Luna”, “La casa in affitto” “Stasera cucino io”.

Per i lettori di Quilianonline, in questa nuova puntata di suggerimenti  ha scelto “Dove il vento grida più forte” di Robert Peroni (naturalmente presente nella Biblioteca Civica di Quiliano ed è quindi consultabile) come libro che lo ha particolarmente colpito. La stagione fredda e la restrizione nel movimenti sono una buona scusa per accettare il consiglio alla lettura di un appassionato ed esperto. Vediamo perché: buona lettura

 

ECCO I MIEI PERCHÈ

RICCARDO BIANCO

DOVE IL VENTO GRIDA PIÙ FORTE

 

“Qualcuno studierà sui libri di storia che in cima al mondo, in una zona tanto remota quanto ostile, viveva un popolo bizzarro che era sopravvissuto al clima estremo e alle privazioni, ma non all’arrivo della civiltà.”

 

Questa volta vi voglio parlare di un libro un po’ particolare, che mi ha lasciato un ricordo indimenticabile, una sensazione di calore intenso pur essendo ambientato nel posto più freddo della terra. È una lettura a cui sono molto affezionato. Ogni tanto mi piace riprenderlo in mano e ritornare su alcuni passaggi che mi avevano colpito la prima volta, come un promemoria, un post-it appiccicato sulla libreria con un consiglio saggio.

Leggerlo non è soltanto un viaggio cartaceo tra i ghiacci inospitali della Groenlandia, ma è una vera e propria esperienza. È emozionante far la conoscenza degli Inuit, meglio conosciuti come “eschimesi”, un popolo che sopravvive in queste terre da quattromila anni. Affacciarsi alla loro cultura, così diversa dalla nostra per credenze e visione dell’esistenza.

Non si tratta di un romanzo, ma di una storia vera; la reale testimonianza di Robert Peroni, un alpinista abituato a compiere imprese estreme. Ed è proprio durante una di queste missioni che si innamora di questo popolo, della loro cultura, tanto semplice quanto umana. Il sentimento che prova nel conoscere questa particolare civiltà è talmente autentico e profondo che la sua scelta naturale sarà quella di abbandonare gli agi della sua vita per trasferirsi nella casa rossa, tra i ghiacci, iniziare a lottare giorno dopo giorno per la propria sopravvivenza e quella degli altri esseri umani, abbracciando totalmente lo stile di vita degli Inuit.

“Gli inuit hanno ridotto al minimo le proprie esigenze per sopravvivere, adattandosi a ogni privazione. Il loro non è affatto masochismo, ma piuttosto l’idea che la sofferenza, in tutte le sue forme, esiste e va accettata.”

 

Sono venuto a conoscenza di questo libro tramite la serie televisiva di Pif “Il testimone”, che reputo uno dei programmi più interessanti degli ultimi anni, nonostante sia stato girato senza strumentazioni all’avanguardia. Eppure con i suoi contenuti culturali e originali, oltre che per l’incredibile simpatia del presentatore, è uno show fuori dal comune. Ma sto divagando. In video l’impatto delle immagini è immediato rispetto a quanto viene spiegato in pagine e pagine di parole, una distesa bianca e infinita dove solo un pazzo andrebbe a vivere, ma è leggendo il libro che si va davvero a fondo e si comprende cosa c’è di speciale, addentrandosi nelle meraviglie di questo paese, tra i suoi paesaggi tanto stupendi quanto inospitali e potenzialmente mortali per l’uomo, a lottare giornalmente per la sopravvivenza con risorse scarse e tante privazioni, riducendo al minimo indispensabile le proprie esigenze.

 

“Il limite non è nient’altro che una barriera filosofica del pensare.”

 

Quello che mi ha lasciato più esterrefatto è che, nonostante tutto, non c’è traccia di infelicità, è una scelta di vita, condivisibile come no, ma che ha dello straordinario proprio perché non c’è imposizione. Ci si rifiuta o meglio è vietato lamentarsi, della fame, del freddo o di qualsiasi altra privazione, ma si accetta tutto con un sorriso sulle labbra, semplicemente perché fa parte della vita. Non si potrebbe rimanere neanche un minuto in quelle terre selvagge senza una volontà personale molto forte e senza considerare le altre persone come parte della stessa comunità, con cui è indispensabile collaborare per perseguire l’unico fine comune degno di attenzione: la vita.

Ci si rende conto che quando c’è in gioco la vita, allora tutto quello di superficiale per cui ci battiamo ogni giorno, può tranquillamente passare in secondo piano. Ci sono un sacco di esempi che Robert Peroni racconta di come a volte anche il rapporto tra gli uomini sia crudo, ai limiti dello spietato, ma c’è un senso di rispetto tanto per la vita quanto per la morte e soprattutto per le scelte personali di ogni singola persona. Ci si aiuta, ma non si interferisce nelle decisioni degli altri esseri umani. Si è liberi di vivere, così come di morire.

“ho capito che se qualcosa non si capisce non è per forza sbagliato. A volte bisogna semplicemente abbandonarsi all’irrazionale.”

 

Quello che lascia questo libro, una volta finito di leggerlo, è una gran voglia di viaggiare. Non solo in Groenlandia, paese stupendo di cui sapremo certamente qualcosa di più, ma viaggiare nel senso più ampio del termine. Scoprire e riscoprire il mondo con le sue particolarità. Per fare questo non serve neanche fare miliardi di chilometri, o addirittura andare in un posto talmente remoto e dimenticato del mondo, ma penso che il messaggio che vuole passare questo libro sia proprio quello di tornare a sorprenderci e non trascurare o dare per scontato quello di bello che ci circonda, anche a due passi da casa.

Secondo me “Dove il vento grida più forte” è un inno alla vita, quella più autentica e selvaggia, spesso trascurata, una vita che non saremmo in grado di vivere, ma che in realtà è semplice e naturale. Un punto di vista diverso sulle nostre esistenze che pone le basi per delle riflessioni critiche sulla nostra civiltà e le sue contraddizioni. Robert Peroni con la sua testimonianza ci invita semplicemente a guardare il mondo con occhi nuovi, a cambiare, punto di vista.

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