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UN BIGLIETTO DI SOLA ANDATA

Monumenti ai caduti, documenti, testimonianze, dolore. E’ tutto ciò che ci rimane dopo una guerra. Soprattutto una così devastante come la prima guerra mondiale. Molti giovani partirono per andare al fronte a combattere in difesa di una patria, che neppure conoscevano, in un mondo estraneo. E per troppi di loro non ci fu un ritorno. […]

Monumenti ai caduti, documenti, testimonianze, dolore. E’ tutto ciò che ci rimane dopo una guerra. Soprattutto una così devastante come la prima guerra mondiale. Molti giovani partirono per andare al fronte a combattere in difesa di una patria, che neppure conoscevano, in un mondo estraneo. E per troppi di loro non ci fu un ritorno. Come molte città, anche Quiliano pagò il proprio doloroso tributo di vite e ancora oggi ricorda i propri caduti. In piazza della chiesa a Valleggia, è dedicato un Monumento ai Caduti per la libertà e l’indipendenza dell’Italia. Nell’elenco di nomi, appare anche quello di Giacomo Ferrando, risultato disperso in guerra nel 1915, lasciando nello strazio i propri cari.

 

SABRINA ROSSI

 

 

Morire in guerra, soprattutto così in giovane età, lascia una ferita profonda, indelebile nel cuore delle persone, dell’intera comunità. Una sorte quasi consapevole quando si è al fronte a combattere ma, per quanto la si possa mettere in conto, non si è mai pronti abbastanza.

Poi ci sono i dispersi, coloro di cui non si hanno più notizie come se fossero spariti nel nulla. La speranza rimane accesa insieme al dolore, ma in molti casi, e col passare del tempo, svanisce lasciando spazio alla consapevolezza di un non ritorno.

 

UNA STORIA DOLOROSA E LONTANA

Monumento ai Caduti a Valleggia (foto di Laura Brattel)

Anche Quiliano ha una grande memoria storica, una parte la possiamo trovare a Valleggia, in piazza della Chiesa e di fronte all’Oratorio di San Sebastiano, grazie al Monumento ai Caduti per la libertà e l’indipendenza dell’Italia. Sulla lapide del monumento, tra un elenco di nomi, troviamo anche quello del giovane soldato quilianese Giacomo Ferrando, rimasto disperso durante la prima guerra mondiale. Fu il fratello della bisnonna paterna di Danilo Donvito, di Quiliano che ha tenuto viva la sua memoria tra amarezza e sgomento, e ci ha inviato vecchi documenti raccontandoci il triste destino di questo giovane.

 

 

 

 

 

COME SI SORTEGGIAVA LA MORTE

Giacomo Ferrando nacque a Quiliano il 12 maggio 1894, era probabilmente un contadino, come la sua famiglia. Figlio di Lorenzo Ferrando e Maria Vivaldo che si sposarono a Valleggia il 6 marzo 1870 ed ebbero dieci figli, cinque maschi e cinque femmine.

Giovanissimo, si presentò il 16 marzo 1914 al Consiglio di Leva per partecipare all’estrazione a sorte e per essere esaminato ai fini dell’arruolamento. Superò l’esame con esito positivo e venne arruolato.

Cartolina di precetto per presentarsi all’esame di idoneità e arruolamento

Un tempo, i giovani in età “militare” affluivano ai distretti di leva in seguito alla chiamata alle armi. Ogni anno, un’apposita legge stabiliva il numero di uomini che la leva di quell’anno doveva fornire all’esercito, perciò il Consiglio di Leva procedeva all’estrazione a sorte dei nominativi presenti nelle liste di leva e alla compilazione di liste di estrazione, in ordine di sorteggio. Liste che diventavano definitive in seguito all’esame di idoneità fisica, sulla base di alcuni parametri: altezza, circonferenza toracica, malattie. Da qui, il giovane poteva essere dichiarato idoneo, oppure “rivedibile”, cioè rimandato ad una visita per l’anno successivo. I giovani non idonei erano dichiarati “riformati” e passavano nella Riserva. Gli idonei, invece, venivano classificati per categoria. Terminate le procedure di reclutamento, gli Uffici di leva inviavano ai Distretti militari la documentazione relativa alla leva dell’anno, Poi, l’Ufficio matricola dei Distretti attribuiva ad ogni militare la matricola, ossia un numero progressivo relativo alla classe di arruolamento, al Distretto di arruolamento e alla categoria di appartenenza.

Foglio di licenza breve di undici giorni

Circa dieci mesi dopo l’inizio della prima guerra mondiale, il 24 maggio 1915, l’Italia, che da tempo era al centro di fermenti espansionistici, entrò in guerra.

Fu così che molti giovani, tra cui Giacomo Ferrando, vennero mandati al fronte a combattere in nome del proprio Paese. Numerose forze militari vennero inviate contro l’Austria-Ungheria, ma la campagna di Libia intrapresa tra il 1913 ed il 1921 che rappresentava una delle fasi operative successive alla guerra italo-turca per assicurare la sovranità italiana nella colonia libica era ancora aperta, perciò alcune forze dovettero essere indirizzate in quei territori per assicurare il dominio e il controllo italiano. Giacomo Ferrando fece parte di questa seconda missione, perciò insieme ad altri giovani soldati venne mandato in Tripolitania, mentre la maggior parte delle truppe erano impegnate al fronte italiano.

Un giorno giunse la triste notizia con una lettera ai genitori, a nome del Ministero delle Colonie: il figlio Giacomo, soldato nel 5° Reggimento Bersaglieri, risultava disperso nel combattimento di Tarhuna, in Tripolitania, avvenuto il 12 giugno 1915 e che non era stato possibile avere altre notizie.

La triste lettera che annuncia la scomparsa di Giacomo Ferrando

 

L’assegnazione ai genitori della pensione di guerra

Pochi anni dopo e terminata la guerra, arrivò ai genitori Lorenzo e Maria la lettera dal Ministero per l’Assistenza Militare per l’assegnazione della pensione di guerra del figlio Giacomo, datata 4 luglio 1919. La pensione annua di 630 Lire venne liquidata con decorrenza dal 19 giugno 1915, il giorno dopo della presunta morte del figlio.

Un dolore e un vuoto incolmabili per due genitori che dovettero sopportare la perdita di un figlio e che, fino alla fine dei propri giorni, hanno vissuto col pensiero e con la speranza di poter avere sue notizie. Di lui oggi restano solo il nome su una stele e il ricordo addolorato e partecipe di un nipote.

 

 

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