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IL PRATO DI LAURA (38)

AMARANTO, LA PIANTA DELL’ETERNITÀ Erba importante per il “prebuggiùn”, viene considerata una pianta infestante. Dall’alto valore proteico venne utilizzata da Maya e aztechi che la consideravano un elemento principe della loro dieta. Per i romani era un’erba che significa durevolezza ed eternità. Contiene buone quantità di vitamina A e C, oltre a sali di calcio […]

AMARANTO, LA PIANTA DELL’ETERNITÀ

Erba importante per il “prebuggiùn”, viene considerata una pianta infestante. Dall’alto valore proteico venne utilizzata da Maya e aztechi che la consideravano un elemento principe della loro dieta. Per i romani era un’erba che significa durevolezza ed eternità. Contiene buone quantità di vitamina A e C, oltre a sali di calcio e ferro, che le conferiscono proprietà astringenti e rivitalizzanti. Si tratta di una pianta assai nutriente.

LAURA BRATTEL

NOMI COMUNI: Amaranto, amaranto comune, amaranto riflesso, amaranto retroflesso, bledo.

NOME SCIENTIFICO: Amaranthus retroflexus

NOME DIALETTALE QUILIANESE: (?)

FAMIGLIA: Amaranthaceae

DESCRIZIONE DELLA SPECIE

 

La foglia dell’amaranto ha forma ellittica o ovato-romboidale a margine intero e l’infiorescenza è una pannocchia slanciata e compatta.

 

Pianta erbacea annua dal fusto spesso e quasi legnoso alla base, di colore verde chiaro ma anche rossastro, semplice o ramoso.

Le foglie dal lungo picciolo presentano un margine intero e forma ellittica o ovato – romboidale, con apice più o meno acuto. Le nervature della pagina inferiore sono marcate e pubescenti, cioè mostrano una leggera peluria.

L’infiorescenza è una pannocchia compatta, più sottile nella parte terminale, di colore verde o rossastro, talvolta argentea o giallastra. Come dice il nome di specie, la spiga in cima all’infiorescenza può essere retroflessa, cioè leggermente piegata.

I semi sono minuscoli acheni di colore scuro, nero con sfumature sul rosso, che ricordano nella forma una lenticchia. Una pianta di amaranto può produrre fino ad un milione di semi che restano vitali nel terreno per vent’anni.

HABITAT

L’amaranto è in grado di colonizzare quasi qualsiasi ambiente considerato “ostile”, perfino il bordo dei marciapiedi cittadini.

L’amaranto è in grado di colonizzare ambienti molto aridi ed ostili, dal greto di fiumi e torrenti a luoghi ghiaiosi, campi incolti, ruderi e macerie, e anche bordi stradali e marciapiedi cittadini. Viene considerata pianta infestante.

PROPRIETÀ OFFICINALI

Le foglie dell’amaranto hanno sapore simile a quello degli spinaci e possono essere incluse nel nostro “prebuggiùn”.

Questa specie contiene buone quantità di vitamina A e C, oltre a sali di calcio e ferro, che le conferiscono proprietà astringenti e rivitalizzanti. Si tratta di una pianta assai nutriente, che permette un buon apporto di vitamine del gruppo B, sali minerali quali potassio, fosforo e magnesio, ed anche complessi proteici, tra cui lisina, contenuta a dose elevatissima, acido aspartico, arginina, serina, alanina, acido glutammico.

Grazie a queste sostanze possiamo guardare con particolare interesse all’amaranto, non solo come specie officinale, ma anche alimentare di elevato valore nutrizionale. I suoi componenti, infatti, donano all’organismo forza e resistenza, svolgono azione immunostimolante, contribuiscono alla funzionalità di molti organi interni, tra cui il fegato e il sistema nervoso, regolano meccanismi quali la pressione sanguigna e lo scambio osmotico tra le cellule, permettono un buono stato generale di salute. Per queste ragioni molti studiosi reputano l’amaranto il cibo del futuro.

Ricordiamo altresì che l’amaranto è molto ricco di fibre, quindi utile per il buon funzionamento dell’intestino.

Infine, ma non da ultimo, l’amaranto non contiene glutine, per cui può essere tranquillamente consumato da chi soffre di celiachia.

CURIOSITÀ E NOTIZIE STORICHE

La spiga dell’amaranto contiene innumerevoli semi: una pianta può produrre fino ad un milione di essi! I semi dell’amaranto sono un alimento pregiato, dall’alto valore nutrizionale.

L’amaranto comune ha origine nel continente americano, dove si contano circa 60 specie, diffuse sia  in America Settentrionale che in America Centrale. La pianta è arrivata in Europa per puro caso, diffondendosi e naturalizzandosi poi ovunque, e comportandosi quasi da infestante.

Tuttavia pare che anche in Europa esistesse un amaranto, forse una specie diversa da quelle attualmente note, perché gli autori antichi ne parlano. Dioscoride (I secolo d.C.) ci informa che la denominazione indica una pianta che non appassisce, dal prefisso privativo “α-” (a-), “senza” e da “μᾰραίνω” (maraíno), “appassire, venir meno”.

Una celebre favola di Esopo, scrittore greco vissuto tra il VI e il V secolo a. C., parla della rosa e dell’amaranto. Nel dialogo tra i due protagonisti, l’amaranto loda la bellezza della rosa, ma questa risponde con tristezza che la sua bellezza appassisce presto e svanisce, mentre i fiori dell’amaranto mantengono il loro colore anche dopo essere stati recisi, e sembrano vivere un’eterna giovinezza. Questa considerazione della differenza tra la bellezza caduca e quella duratura è anche una corretta osservazione scientifica, infatti i fiori dell’amaranto, per quanto non particolarmente belli e poco appariscenti, mantengono a lungo il colore originario anche se recisi.

Questa sua caratteristica lo fece assumere a simbolo di eternità, per cui esso veniva usato durante i riti funebri, come narra Plinio il Vecchio nella sua “Naturalis Historia”.

Per tornare all’amaranto americano, invece, la specie di cui trattiamo oggi, esso era un alimento importantissimo per alcune civiltà precolombiane, in particolar modo per Maya e Aztechi. Dall’amaranto questi popoli traevano gran parte delle proteine di cui necessitavano ed esso era alla base della loro alimentazione, come lo era il riso per i Cinesi o i cereali per gli Europei.

I semi dell’amaranto, definiti dagli Aztechi “misterioso grano” o “grano degli dei”, erano impiegati da quei popoli per usi rituali, mescolati con succo d’agave e farina di mais. Se ne ricavavano figurine antropomorfe, che richiamavano la forma degli idoli celebrati. Questa sorta di focaccine o biscotti venivano poi consumati al termine del rito propiziatorio.

La coltivazione dell’amaranto nell’America Centrale cessò quasi del tutto quando gli Spagnoli si avvidero che i semi venivano usati come cibo rituale durante cerimonie che prevedevano anche sacrifici umani. I conquistatori pensarono quindi di soppiantare le zone coltivate ad amaranto con piantagioni di mais, ritenuto più redditizio e saziante, per via dei semi più grandi. La detenzione di semi di amaranto venne punita per legge. Tuttavia il mais non si rivelò particolarmente nutriente.

La saggezza dei popoli antichi oggi è stata accertata da moderni studi scientifici, che hanno stabilito l’elevato potere nutrizionale di questa specie, dotata di un ottimo livello di proteine di alta qualità.

Legati al consumo di amaranto erano pure i nativi dell’America Settentrionale. I Cherokee lo usavano in cerimonie religiose, i Navajo ne ricavavano pane e dolci, altri lo usavano per le proprietà curative dell’intestino e per regolare il flusso sanguigno nel ciclo mestruale femminile.

UTILIZZI IN CUCINA

Le foglie dell’amaranto rientrano nella composizione del nostro “prebuggiùn”, di cui costituiscono uno degli ultimi arrivati, ma anche uno dei componenti più pregiati per le virtù terapeutiche ed alimentari di cui esso è portatore.

Foglie e cimette apicali dell’amaranto possono essere consumate crude in insalate o lessate, per cucinare ottime zuppe, risotti, farciture di paste ripiene o frittate. Il loro sapore ricorda quello degli spinaci, e come questi sono ricche di ferro.

Il sapore dei semi si può invece accostare a quello delle nocciole e quello delle radici al sapore del latte fresco.

I semi contengono abbondanti quantità di proteine ad elevato valore biologico ed alta digeribilità, in particolare la summenzionata lisina, un amminoacido essenziale contenuto anche nei cereali. Nell’amaranto il contenuto di lisina è almeno doppio rispetto a quello dei cereali, e la percentuale proteica totale è quasi del 20%, per cui si tratta di una quota altissima. Dai semi si può ricavare una farina adatta alla panificazione, sebbene non alla lievitazione, mancando di glutine.

I semi possono essere consumati in purezza, previa bollitura, oppure mescolati a cereali e verdure, per cui si otterrà un piatto completo sotto il profilo nutrizionale. I semi bolliti assumono un aspetto gelatinoso ed un sapore virante al dolciastro. I semi possono anche essere tostati con un filo d’olio, per cui si gonfieranno e scoppieranno, formando una sorta di pop corn.

LA RICETTA

Cannelloni ripieni di foglie di amaranto

Ingredienti:

Per la farcia: Una bella manciata di cimette e di foglie di amaranto, una piccola ricotta, un uovo, formaggio parmigiano grattugiato, noce moscata, sale, pepe.

Per la pasta all’uovo: una confezione già pronta di fogli di pasta all’uovo, o in alternativa fogli di pasta fresca del pastaio di fiducia o preparata in casa,

Per la guarnizione: besciamella pronta (o preparata in casa con latte, farina, burro, sale, noce moscata), abbondante formaggio parmigiano grattugiato.

Procedimento: raccogliere e lavare bene le foglie di amaranto, quindi lessarle per pochi minuti. Se si raccolgono foglioline tenere durante la primavera sarà sufficiente scottarle appena. Per chi ama i sapori più decisi, si consiglia di stufare le foglioline di amaranto in padella anziché lessarle, ponendole a crudo con uno spicchio d’aglio e  un cucchiaio di olio extra vergine di oliva.

Chi si sarà cimentato con la preparazione della pasta fresca, avrà messo a punto il proprio impasto, che dovrà essere lasciato riposare prima di essere passato ai rulli. In alternativa, sarà possibile utilizzare pasta già pronta, confezionata o preparata dal pastaio di fiducia.

Anche per la besciamella lascio a ciascuno l’alternativa di scegliere la propria variante preferita, ossia la confezione già pronta oppure la salsa besciamella fresca.

Preparare la farcia: tritare le foglioline di amaranto, lessate o ripassate in padella, mettere in una ciotola insieme con la ricotta, l’uovo, il formaggio parmigiano grattugiato, sale, pepe e una spolverata di noce moscata grattugiata. Amalgamare bene tutti gli ingredienti fino ad ottenere un composto omogeneo.

Cuocere per un minuto i fogli di pasta in acqua bollente salata, scolarli e a mano a mano riempirli con la farcia. Arrotolarli e disporli in una teglia imburrata. Guarnire con la besciamella pronta o preparata in casa e spolverare con abbondante parmigiano grattugiato.

Infornare a 200°C per 20-25 minuti circa. Cuocere i cannelloni in modalità grill durante gli ultimi cinque minuti, per formare una deliziosa crosticina dorata.

I cannelloni all’amaranto saranno un ottimo manicaretto domenicale da servire in famiglia o agli ospiti durante la primavera o l’autunno, ma se ne può fare una variante estiva più leggera, eliminando la besciamella come guarnizione. Rivelate infine agli ospiti il nome della verdura del ripieno: rimarranno stupiti!

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