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LA SCUOLA AI TEMPI DELLA GUERRA (1)

Abbiamo visto film, sentito racconti, qualcuno di noi ha persino potuto respirare l’atmosfera di quella che era la scuola di una volta. Andare a scuola, oggi, sovente, viene inteso come una fatica, come un obbligo inutile. Un tempo mandare i figli a scuola significava privarsi di un aiuto a casa con prospettive incerte sul futuro. […]

Abbiamo visto film, sentito racconti, qualcuno di noi ha persino potuto respirare l’atmosfera di quella che era la scuola di una volta.
Andare a scuola, oggi, sovente, viene inteso come una fatica, come un obbligo inutile. Un tempo mandare i figli a scuola significava privarsi di un aiuto a casa con prospettive incerte sul futuro. Così quasi ovunque, in special modo nei piccoli centri e nelle frazioni.
Sì, c’erano voglia di apprendere, senso del riscatto, ma erano soprattutto restrizioni e fatica. Come era la scuola una volta? Stiamo cercando di ricostruire qual era l’atmosfera di una scuola di paese, anzi di una frazione come Cadibona, un tempo.

Ci aiuta, in questo esordio, Floriano Pizzo, architetto che vive un po’ a Savona e un po’ a Roma. La sua carriera lo ha condotto nell’Olimpo del design (docente di design, libero professionista e consulente per il disegno dei prodotti Voxson S.p.A Radio e Televisione), ma ha conservato la stessa curiosità di quando bambino andava a cavalcioni di una bomba inesplosa a Cadibona o rubava i fucili ai tedeschi in fuga.
La sua storia in questa frazione è prevalentemente durante la guerra e subito dopo, quando sua madre (Madre, come ancora lui devotamente la cita) era una delle due maestre di Cadibona.

Floriano Pizzo oggi ci ha dedicato un po’ del suo tempo frugando nei ricordi e scrivendo per noi la storia e le vicende di quegli anni, quando a Cadibona la ferrovia non era ancora ultimata, si faceva scuola lungo lo stradone, cadevano le bombe ed era un via vai di soldati in armi.

La classe delle elementari di Cadibona della maestra Albertina Cesari (1933-34)

MIA MADRE, LA MAESTRA

FLORIANO PIZZO

Il 10 giugno, il giorno della dichiarazione di guerra, del 1940, mia madre, Albertina Cesari, classe 1905, rimase vedova di mio padre Giacomo, mancato per una polmonite a 38 anni, dipendente provvisorio del Catasto, con due figlioletti, mia sorella, nata nel 1939 ed io, nato nel 1936.
Non avevamo null’altro per campare se non il suo stipendio. Era Maestra elementare, ho sue foto scolastiche della nostra zona con gli alunni: Stellanello 1931, Cadibona 1933-34 e 1947, Villapiana (Savona), dal 1948 al 1952, Villetta (Savona) dal 1965 al 1968.

Nel ’40 abitavamo in affitto a Savona, in Villapiana. Mia Madre insegnava a Cadibona e per necessità ci trasferimmo in quella frazione. Le aule scolastiche, allora, erano distribuite in varie sedi.
Ne ricordo tre (o quattro?). Due dove eravamo noi, una (o due ?) dalle Suore, in faccia a noi, vicino alla Chiesa.
Tornando a noi, le due aule erano al primo piano dell’ultimo edificio a sinistra, del “centro” quello con l’unico balcone. Vicino al portoncino di ingresso, sullo Stradone, proprio sotto questo balcone, c’era un’osteria, allora molto frequentata.
Il pianerottolo di arrivo al piano primo era lungo e stretto e aveva la porta verso la strada che immetteva da noi, l’altra, era dell’altra aula e classe, nella quale c’era l’accesso all’unico Wc, su un terrazzino che dava sulla vallata. 
Entrando da noi c’era una stanzetta buia, nella quale dormivamo tutti e tre, su un unico materasso, e poi l’aula. A fianco della scrivania, c’erano una stufetta a legna e un piccolo armadietto per la cucina. Di fronte, i banchi.

La piantina dell’aula e il muro a tratteggio crollato

A causa del bombardamento del 12 agosto 1944 (per un approfondimento, leggere “I percorsi che resistono” su questo stesso sito -n.d.r.), il muro divisorio tra la stanzetta e il pianerottolo della scala crollò e mia madre sostituì la parete con una leggera tenda che rimase sino alla fine.

Sempre per questa causa in un incontro tra mia Madre e una contadina all’incrocio di due sentieri, proprio sotto la linea ferroviaria occupata dai tedeschi, mentre loro chiacchieravano amabilmente, io giocavo su una bomba di aereo di circa 50 centimetri di diametro e lunga circa un metro.
Non so se fosse stata tolta la spoletta, ma io a cavalcioni colpivo con una pietra. Ricordo la presenza di tre grossi quadri con vetro che rappresentavano il Papa, al centro, e ai lati il Re e Mussolini. Per un periodo Mussolini sparì e poco dopo ritornò. 
Io andavo a scuola da un’altra maestra, perché mia Madre, se fossi rimasto da lei, pur guadagnando un anno, avrebbe commesso una scorrettezza “imperdonabile“ !

Come insegnante era molto apprezzata e circondata da affetto. Ogni tanto andavamo a trovare i suoi alunni che vivevano nelle cascine circostanti. Ci regalavano spesso verdure, latte e altro.
Ricordo che un anno mangiammo quasi solo castagne secche (ce ne avevano regalato un sacco intero). Credo di ricordare che per un periodo le avessero anche sospeso lo stipendio.
Mai sentito parlar di politica. I suoi problemi erano ben altri.

La scuola a Cadibona (1) continua…

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