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IL SOGNO DI CHABROL

Ingegno e utopia: la realizzazione di questo progetto avrebbe potuto unire la Liguria al Piemonte. SABRINA ROSSI   Il grandioso progetto di un canale navigabile che avrebbe unito il Mar Ligure con la laguna veneta attraverso alcuni affluenti del Po e poi il Po stesso, fu al centro dei progetti dello statista Chabrol, prima studioso […]

Ingegno e utopia: la realizzazione di questo progetto avrebbe potuto unire la Liguria al Piemonte.

SABRINA ROSSI

 

Il grandioso progetto di un canale navigabile che avrebbe unito il Mar Ligure con la laguna veneta attraverso alcuni affluenti del Po e poi il Po stesso, fu al centro dei progetti dello statista Chabrol, prima studioso ed attento conoscitore del territorio del Dipartimento di Montenotte e delle potenzialità del porto di Savona, e poi prefetto della città tra il 1806 ed il 1812. Un disegno forse utopico ma ingegnoso, poiché avrebbe consentito di far convergere al porto savonese gran parte del traffico attraverso i valichi alpini fra Europa centrale e Mediterraneo.

L’UTOPIA DELL’ACQUEDOTTO PER SAVONA

Il progetto impegnò profondamente Chabrol (il quale stava persino studiando di dotare Savona di un condotto di acqua potabile, al quale si provvide soltanto circa un secolo dopo) ed un gran numero di ingegneri francesi furono mandati in città dal governo parigino per elaborare fino al dettaglio un’opera maestosa e di estrema importanza economica. Si trattava in sostanza di effettuare scavi lungo il tratto Savona – Acqui ed opere idrauliche tra Acqui ed Alessandria.

CHIUSE E CANALI

Il canale, partendo dal porto di Savona ed attraversando la città, avrebbe dovuto costeggiare, mediante chiuse e bacini solidamente sbarrati, il Letimbro fino a Lavagnola, quindi il Lavanestro fino a Cadibona, per poi giungere fino a Ferrania (toccando località importanti denominate del ponte, degli Spinola, dei Boselli, della Torre Ricci, del Molino, di Ciantagalletto, di S. Giacomo del Bosco, di Montemoro, dei Fratti, delle Canne, della Fontana, delle Capanne, dei Durando, del grande acquedotto, della Croce, di Cadibona, del Bricco, della Molinara, dei Doria, della Torre, dei Borelli, del vecchio corpo della guardia, del Rastrello, dei Lodi). La lunghezza prevista era di circa 17,5 chilometri, per una larghezza media tra i 7 e gli 80 metri e per una spesa preventivata di 7.702.519 lire.

DA FERRANIA AD ACQUI TERME

Nel tratto tra Ferrania e Alessandria, che toccava le località principali di Bragno, Cairo Montenotte, Rocchetta, Dego, Piana Crixia, Spigno Monferrato ed Acqui Terme, la lunghezza venne valutata in circa 81,5 chilometri, per una spesa complessiva di Lire 12.548.056. La pendenza del canale dal versante settentrionale avrebbe segnato 220 metri e dal lato meridionale 388 metri.

UNA GALLERIA DI 3 CHILOMETRI E DUE BACINI ARTIFICIALI

Il prefetto Chabrol avrebbe utilizzato le acque del fiume Bormida di Millesimo, e all’occorrenza quelle del Tanaro, per poter raggiungere il corso del Po. Era inoltre prevista la costruzione di una galleria di circa 3 chilometri attraverso la cresta dell’Appennino per convogliare le acque nel secondo versante, con due grandi bacini, l’uno presso Altare in località Isola Grande (dalla capienza prevista di mc 4.500.000 di riserva d’acqua), e l’altro sopra Ferrania (dalla capienza prevista di mc 6.500.000).

Un progetto così ambizioso, nato tra non poche polemiche, avrebbe sicuramente contribuito allo sviluppo dell’economia savonese – e non solo – nella quale il Colle di Cadibona avrebbe avuto un ruolo fondamentale.

Chabrol non venne fermato tanto dai problemi tecnici quanto da quelli economici: anche se ritenuto di primaria importanza il Canale Bormida non valeva, in quel momento, una spesa come quella preventivata. Ma Chabrol tecnicamente non sbagliava tanto che Napoleone, dopo Savona lo volle prefetto a Parigi, ruolo in cui venne riconfermato anche dopo la restaurazione post bonapartista. E il sogno di canali navigabili che unissero il Piemonte e la Liguria rimase il sogno di intere generazioni di ingegneri.

 

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