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IL PRETE DEI FILTRI D’AMORE

QUILIANO AI TEMPI DELL’INQUISIZIONE (3)   Ancora una volta un uomo quilianese, un prete, conoscitore di pratiche esoteriche o di stregoneria venne sottoposto a interrogatorio dalla Santa Inquisizione. Era l’anno 1598, epoca in cui antiche pratiche guaritrici erano un tabù e chiunque le esercitasse, donne o uomini, veniva condannato a pagare. Anche con la vita. […]

QUILIANO AI TEMPI DELL’INQUISIZIONE (3)

 

Ancora una volta un uomo quilianese, un prete, conoscitore di pratiche esoteriche o di stregoneria venne sottoposto a interrogatorio dalla Santa Inquisizione. Era l’anno 1598, epoca in cui antiche pratiche guaritrici erano un tabù e chiunque le esercitasse, donne o uomini, veniva condannato a pagare. Anche con la vita.

Una storia, un’indagine di stregoneria tornata alla luce grazie alle ricerche e agli studi dello storico finalese Giuseppe Testa, proveniente dagli archivi storici dell’inquisizione.

 

SABRINA ROSSI

 

 

Il rogo era la punizione più grave per streghe e eretici

Questa è la storia del processo a Stefano Borgera, un prete di Quiliano tenutosi il 5 aprile 1598. Dopo aver ascoltato una predica durante la Quaresima, il prete si confessò spontaneamente e ammise di aver fatto alcuni incantesimi consigliati da un compagno. I predicatori dall’alto dei pulpiti invitavano le persone a denunciare i sospetti di eresia o stregoneria, a volte anche seminando panico e terrore tra gli abitanti dei vari paesi. Probabilmente il prete si spaventò in seguito alla predica e, per questo motivo, decise di autodenunciarsi. Il primo incantesimo descritto, e di cui Borgera fece uso, fu quello per suscitare il desiderio in una donna. Si scrivevano con inchiostro, sulle unghie delle dita di una mano, le seguenti parole: staron, chion, speon, aspran, cordalì. Non si conosce il significato di queste parole, potrebbero essere nomi propri, forse di demoni invocati durante l’incantesimo. Successivamente si stringevano le dita a pugno e si recitava una formula:

 

“Scongiuro vos principes vestros ut eatis in hac nocte ad N. et faciatis me visibiliter cognoscat ut sic fiat fiat fiat”

 

“Obbligo per giuramento voi principi vostri perché andiate questa notte da…(si pronuncia il nome della donna) e che facciate  in modo che io possa conoscere visibilmente perché così avvenga, avvenga, avvenga”

 

“Love Potion”, Evelyn de Morgan

Il prete dichiarò durante l’interrogatorio di aver fatto l’incantesimo due o tre volte, ma di non aver mai verificato se esso funzionasse veramente. Un’altra pratica esoterica simile, sempre per ottenere che una donna ardesse d’amore, era quella di scrivere alcuni segni e parole, ma questa volta su un uovo di gallina. Bisognava accertarsi che l’uovo fosse di giornata e che ci fosse la luna crescente. Dopo aver scritto le parole sull’uovo, era necessario metterlo nel focolare, coprirlo bene di brace e  recitare la seguente formula: “Così come arde questo ovo, così arde il core di… (bisognava pronunciare il nome della donna). Queste parole e questi segni sono di grande interesse e curiosità, poiché alcuni di essi sembrano molto simili a quelli dei pentacoli descritti dalla “Chiave di Salomone”, un antico libro di incantesimi, soprattutto quelli di Marte e Venere; è possibile che nell’originale questi disegni siano stati scritti proprio dentro a un pentacolo, ossia un pezzo di metallo, di carta o altro materiale, recante caratteri magici racchiusi in una stella a cinque punte.

 

 

Stefano Borgera riferì anche di una filastrocca che aiutava le donne a partorire: “Susanna partorì Anna, Anna partorì Maria, Maria partorì il Salvatore, esci fuori bambino, esci fuori bambina, che Gesù ti ha chiamato alla vita eterna”. Una cantilena simile a molte altre che erano presenti anche in Sardegna, e che servivano per curare il mal di testa e liberare dal malocchio. Naturalmente il ricordare le nascite e le discendenze aveva lo scopo di riportare il fatto accaduto alle origini del mito, dove le cose erano state generate per la prima volta e da lì “rigenerare” la guarigione. Le pratiche esoteriche usate dal prete erano molto gravi per l’epoca, anche se egli confessò di non averle insegnate a nessuno e di non credere al loro funzionamento, tranne  per l’incantesimo del parto. In questo caso dichiarò che, non appena recitata questa preghiera, la donna alla quale era rivolta partorì velocemente.

Stefano Borgera venne infine assolto con penitenza, ma non abbiamo notizia di quale tipo di penitenza si tratti.

 

La medicina medievale rappresentata da Ippocrate e Galeno in un affresco della Cripta della Cattedrale di Anagni (Lazio)

 

 

 

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