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UNA MACINA NEL TREXENDA

Olio d’oliva, farina, vino, birra, anche la carta. Le antiche macine in pietra venivano utilizzate per produrre molti prodotti, dagli alimenti a vari tipi di materiale. Nel territorio quilianese ne troviamo molte, ma una, giace nel greto del Trexenda e serviva per la produzione della carta. SABRINA ROSSI Ancora oggi sulle etichette dei prodotti alimentari […]

Olio d’oliva, farina, vino, birra, anche la carta.

Le antiche macine in pietra venivano utilizzate per produrre molti prodotti, dagli alimenti a vari tipi di materiale. Nel territorio quilianese ne troviamo molte, ma una, giace nel greto del Trexenda e serviva per la produzione della carta.

SABRINA ROSSI

Ancora oggi sulle etichette dei prodotti alimentari al supermercato, o sulle confezioni di biscotti e altri generi da forno, troviamo riportata la scritta “macinazione a pietra”. E da lì la nostra mente vaga, ci appare l’immagine di un vecchio mulino, strumenti artigianali, sacchi di farina proprio come un tempo. In realtà, di vecchi mulini con macine a pietra ne sono rimasti pochissimi e lavorano piccole quantità di materiale rispetto ai più moderni impianti industriali.

UN SISTEMA CHE HA ATTRAVERSATO I SECOLI

Un’antica macina a uso domestico

Già dalle prime civiltà agricole la produzione di prodotti come farina, olio, vino richiedeva una fase in cui la materia prima venisse macinata, molita, frantumata. La macinazione veniva svolta con strumenti artigianali molto simili al mortaio e al pestello, ma comunque definiti “macine”. Nel corso dei secoli questa pratica venne abbandonata e, nel Medioevo, comparve il molino a pietra e la figura del mugnaio. Una tecnologia già conosciuta nell’antichità, ma proprio in questa fase storica venne diffusa specialmente per la macinazione dei cereali.

Il prodotto, una volta macinato, veniva introdotto in appositi sacchi

Ma come si costruisce una macina? Generalmente la pietra veniva tagliata da un roccia, lavorata in loco, e solo successivamente trasportata. In alcuni siti si può trovare roccia cristallina scistosa, serpentinoscisto, chiamata così per il tipico colore verdastro e particolarmente adatta ad essere pietra da macina; potevano però essere utilizzati anche altri materiali. Nel molino a pietra la macina superiore, sostenuta da un elemento chiamato “merla” che a sua volta veniva fissato ad un asse verticale che imprimeva la rotazione, ruotava ed era parte attiva, mentre quella inferiore stava ferma. La macina superiore, quindi, si trovava sopra, e ben bilanciata, a quella immobile. Entrambe le macine erano protette dal cassero, elemento di forma tondeggiante e sopra era presente una tramoggia che conteneva il prodotto da macinare. Questo scendeva nel foro centrale della macina superiore e così macinato tra le due macine.

Borgo di località Molini (foto di Danilo Donvito)

Anche a Quiliano, come in altre cittadine, venivano utilizzate le macine in pietra. Proprio qui, nel greto del Trexenda in località Molini ne troviamo una. Infatti, la località si chiama con questo nome perché in passato erano presenti diversi mulini sia per la macina del grano e delle granaglie, sia per la macina delle olive. Nella stessa vallata a monte, esistevano una segheria, una ferriera e anche una cartiera. La macina in granito che si trova lungo il Trexenda veniva utilizzata nell’impastatoio per la produzione della carta, successivamente è stata smontata e riutilizzata per creare un ponticello pedonale. Durante l’alluvione del 1992, si verificarono numerosi danni. La macina venne spostata dal dilavamento e finì a circa trecento metri più a valle, dove giace ancora oggi.

 

Antiche macine in pietra
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