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IL SENSO DELLA STRADA

Camminare è una scelta di vita, può accadere che l’avventura ci spinga su sentieri inesplorati e ci si ritrovi poi in una grande famiglia. Questo è quello che è accaduto ad Antonia Visconti, maestra d’asilo albisolese, e c’è un filo che lega la sua storia a quella di Pietro Scidurlo che i lettori di Quilianonline […]

Camminare è una scelta di vita, può accadere che l’avventura ci spinga su sentieri inesplorati e ci si ritrovi poi in una grande famiglia.

Questo è quello che è accaduto ad Antonia Visconti, maestra d’asilo albisolese, e c’è un filo che lega la sua storia a quella di Pietro Scidurlo che i lettori di Quilianonline hanno potuto leggere nelle scorse settimane.

ELENA GIANASSO

Il primo cammino della maestra parte da Albisola nel 2005 con destinazione Santiago de Compostela, il viaggio si rivela faticoso ed avventuroso, si perdono i documenti di identità, ma Antonia Visconti che ha anche una passione per la speleologia capisce che quella è solo la prima tappa di un percorso molto più lungo. E non intende lungo in termini giornalieri visto che in media un cammino per lei dura fino a 35 giorni. Capisce che il Cammino sarà un’esperienza che farà da quel momento parte della sua vita.

DIVENTARE PELLEGRINI PER AMICIZIA

La forza dell’amicizia e della volontà fanno superare ogni ostacolo

Da allora diventa una pellegrina doc, ha percorso in terra spagnola il cammino aragonese, quello portoghese, quello del norte solo per citarne alcuni.

Nel 2014 grazie alla richiesta di un amico pellegrino conosce Javier Pitillas un poliziotto della città spagnola di Vigo che stava accompagnando l’amico Gerardo fino a Roma. I due amici insieme ad altre nove persone che si spostavano in bicicletta, viaggiavano su un triciclo tandem adattato per il trasporto di persone disabili e avevano bisogno di un appoggio in Liguria prima di arrivare alla meta.

VIAGGIARE PER PRIMI PER SENTIRE IL VENTO

Gerardo, un uomo sordo cieco, durante il viaggio occupa il posto davanti nel tandem, per sentirsi parte attiva del gruppo e percepire il vento sul viso e nei capelli. L’impresa che agli occhi dei più sembra impossibile e rischiosa riesce perfettamente. Davanti alla chiesa di Compostela Gerardo chiede all’amico di trovare il modo per coinvolgere altri disabili in queste avventure di lì nasce l’idea del Discamino, una rete di persone che organizzino pellegrinaggi che coinvolgono disabili e normodotati.

IL DISCAMINO, UN’ESPERIENZA PER TUTTI

Il Camino di Santiago è uno dei più gettonati ed emozionanti

Solitamente il gruppo è formato da 5 persone, una guida il furgone d’appoggio che affianca il tandem o l’handbike, le altre 3 accompagnano il pellegrino con le proprie bici. I partecipanti ai cammini trovano ospitalità in associazioni, ostelli e qualche volta in albergo. Le giornate iniziano alle 6 del mattino con sveglia, colazione e vestizione, si procede poi allo smontaggio del campo base, alle 8 si parte per la tappa che può durare fino ad 8 ore con ogni tempo, si mangia in marcia con i panini preparati da chi guida il furgone di appoggio, all’imbrunire la tappa è da considerarsi conclusa, si rimonta il campo, si posizionano le bici sul furgone, si cerca un posto dove dormire e si prepara la cena. Entro le 11 si spengono le luci per essere pronti e scattanti il mattino dopo. La storia del Discamino è ormai conosciuta in gran parte della Spagna, i ragazzi spesso vengono ospitati da persone che conoscono le gesta di questo gruppo di spericolati e vogliono contribuire in qualche modo a questo stravagante viaggio.

“ SONO VERE FERIE, NON É VOLONTARIATO”

“Da quando ho conosciuto Javier e gli altri trascorro con loro una parte delle mie ferie, racconta Antonia, per me non è volontariato ma è incontrare un gruppo di amici e condividere una parte del Cammino, ci divertiamo molto, tra noi non ci sono differenze e aiutarci reciprocamente non è un peso, ma una esperienza arricchente sotto tutti i punti di vista, spesso dopo cena scherziamo e balliamo”.

Il Discamino fa viaggiare chiunque chieda di partecipare, non fa distinzioni sono stati protagonisti un ragazzo che si alimentava solo con il sondino, una ragazza che si spostava solo grazie al sollevatore, i ragazzi sordo ciechi comunicano tra di loro e con il sistema dattiliologico, una sorta di alfabeto morse che si basa su colpi battuti sul palmo della mano. Il viaggio viene organizzato in base alle esigenze di chi partecipa in modo che ognuno a suo modo possa essere parte attiva dell’avventura.

UNA RETE DI AMICIZIA E SOLIDARIETÀ

Tutta l’attività dell’associazione si basa sul volontariato, l’ideatore e forza motrice del Discamino, Javier Pitillas, da anni racconta la storia di questo gruppo di amici che si ingrandisce sempre di più, ai giornali locali, TV e radio. Alcuni ospedali privati spagnoli hanno offerto contributi in cambio di pubblicità durante i cammini ed alcuni infermieri ed operatori socio sanitari sono diventati a loro volta volontari di Discamino permettendo così a più ragazzi con esigenze speciali di partecipare contemporaneamente al cammino.

I COMPLIMENTI DI SANCHEZ E DELLA REGINA

Qualche anno fa i discaminanti hanno partecipato alla Vuelta de Espana, toccando le medesime tappe dei ciclisti professionisti e ricevendo i complimenti di Samuel Sanchez

Una delegazione dell’associazione è stata ricevuta da Re Felipe e dalla regina Letizia che ne hanno lodato l’impegno e la volontà di inclusione.

“Grazie alle conoscenze di lavorative di Javier spesso la polizia autostradale scorta i ragazzi all’entrata in città come accadde anni fa, ricorda Antonia Visconti, il traffico immobile di Madrid che ci lasciava il passo è stata una emozione che mi ha accompagnato per diverso tempo”.

UN TURISMO LENTO CHE É ANCHE INCLUSIONE

Pietro Scidurlo ed Antonia Visconti ci hanno raccontato due aspetti del mondo dei cammini, del turismo lento che può essere con i dovuti accorgimenti anche un turismo di inclusione che supera o non considera le barriere fisiche o mentali che siano.

Il senso della strada è un valore profondo che supera tutti i limiti

Il Cammino è leggere dentro se stessi, mettersi davanti ad uno specchio, riconoscere i propri limiti, convivere con essi ma anche tentare di superarli.

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