LUPPOLO, NON SOLO PER LA BIRRA
Abita i margini dei corsi d’acqua, i fossi, gli incolti e i boschi umidi. Non è conosciuta solo come l’oro verde della birra, infatti è una specie dotata di capacità digestive, calmanti e sedative utilizzata già nell’antico Egitto e in epoca romana. I suoi germogli sono ottimi nella nostra cucina per frittate, risotti, minestre oppure semplicemente lessati.
LAURA BRATTEL
NOMI COMUNI: Luppolo
NOME SCIENTIFICO: Humulus lupulus
NOME DIALETTALE QUILIANESE: Reverdixe, vertüxi
FAMIGLIA: Cannabaceae
DESCRIZIONE DELLA SPECIE
Pianta lianosa perenne a portamento rampicante, il luppolo è specie dioica, cioè esiste l’individuo maschile e quello femminile. Il luppolo ha bisogno di sostegni, ai quali si aggrappa con piccole spine uncinate di cui i fusti sono rivestiti e che al tatto danno una sensazione di ruvidezza. I fusti, striati e ramosi, possono raggiungere la lunghezza di 7 metri. Le foglie, portate da lunghi picciuoli, sono divise in tre o cinque lobi ovali-ellittici con apice acuto e margine fittamente dentato. I fiori delle piante maschili sono riuniti in ricche pannocchie all’apice dei rami, mentre i fiori delle piante femminili formano caratteristici coni ovoidali, formati da amenti e brattee riuniti assieme, che circondano l’ovario e sono posti all’ascella delle foglie. Entrambi hanno un colore che dà sul verdognolo spento. All’interno delle infiorescenze femminili sono presenti delle ghiandole resinose ricche di sostanze aromatiche. A piena maturazione si avrà la formazione dei frutti, piccoli acheni di 3 mm dalla forma tondeggiante e dalla superficie tappezzata di ghiandole secernenti una sostanza resinosa. Questi acheni sono protetti dalle brattee, che nel frattempo avranno assunto una consistenza cartacea.
HABITAT
Comune nell’Italia Settentrionale e nell’Appennino fino all’Abruzzo, la specie si fa più rara procedendo verso sud. Abita i boschi umidi, i margini dei corsi d’acqua, i fossi, gli incolti e le siepi, prediligendo sempre i terreni umidi e fertili.
PROPRIETÀ OFFICINALI
Nella composizione chimica del luppolo sono importanti resine contenute nelle infiorescenze femminili, una delle quali è l’umulone, appartenente alla classe di composti noti come alfa – acidi. Questi composti resinosi sono responsabili della parte amaricante della birra, cioè di quel gradevole sapore amarognolo che attenua le note dolci dei cereali. Queste sostanze svolgono anche una funzione digestiva. Il profilo aromatico della birra è dato invece dagli olii essenziali presenti nel luppolo. Nell’infiorescenza femminile del luppolo sono presenti centinaia di olii essenziali, con sapori che variano dal citrico al resinoso, dal balsamico e legnoso dell’humulene, al pepato del carophyllene, dall’aroma di geranio del myrcene al profumo di gardenia del farnesene. Oltre a resine ed olii essenziali, nella composizione del luppolo rientrano anche flavonoidi, antociani, steroli, alcoli e un importante gruppo di fitoestrogeni, sostanze simili a quelle prodotte dagli ormoni. Tra di essi ve ne sono di estremamente potenti, per quanto non in concentrazioni elevatissime, comunque utili per alleviare i disturbi della menopausa. Popolarmente il luppolo viene usato come calmante e sedativo, in tisane rilassanti che favoriscono il sonno. È ugualmente efficace per sedare stati ansiosi e disturbi di natura nervosa. Oltre a conciliare il sonno, queste tisane hanno effetto anafrodisiaco, cioè in grado di inibire gli impulsi sessuali. Ricordiamoci sempre che il luppolo fa parte della stessa famiglia della Cannabis, e agli effetti ansiolitici unisce quelli ipnotici, per cui agisce direttamente sul sistema nervoso. Sarà perciò buona norma rivolgersi al medico, al farmacista o all’erborista per l’impiego di un prodotto a base di estratti di luppolo. Un uso smodato di prodotti a base di luppolo può dar luogo a nausea, vertigini o fenomeni ipnotici. Applicazioni esterne di infiorescenze femminili di luppolo risultano utili per lenire dolori nevralgici, reumatici o artritici.
CURIOSITÀ E NOTIZIE STORICHE
Il luppolo è noto fin dalla lontana Preistoria, ed era utilizzato, anche se non coltivato. Polline di luppolo è stato scoperto in alcuni siti archeologici in Inghilterra, risalenti al 3000 avanti Cristo. Le popolazioni liguri dell’Italia Nord-Occidentale conoscevano già l’uso del luppolo per aromatizzare la birra. A Pombia, in Provincia di Novara, all’interno di un’urna cineraria databile al VI secolo a.C., è stato trovato un bicchiere di terracotta il cui contenuto, ad un’analisi approfondita, si è rivelato essere residuo di cereali fermentati e luppolo, in pratica birra scura ad alta gradazione. Questo ritrovamento costituisce la più antica testimonianza archeologica a livello europeo di birra aromatizzata al luppolo. Il luppolo selvatico infatti era facile da reperire nelle boscaglie attorno al Ticino.
Fatto analogo è stato riscontrato nella necropoli di Quara, sull’Appennino tosco-emiliano, dove un contenuto simile è stato rilevato in un bicchiere posto in un’urna risalente al VI – V secolo a.C. Ci troviamo in provincia di Reggio Emilia, in una zona abitata da tribù liguri. I Liguri di Pombia e i Liguri di Quara erano prossimi a siti abitati da tribù celtiche, per cui gli studiosi ipotizzano una produzione artigianale di birra d’orzo appresa dai Celti. Quindi i Liguri e i Celti cisalpini erano soliti consumare birra aromatizzata al luppolo quale bevanda di conforto, prima che l’arrivo dei Romani portasse ad una prevalenza della produzione e del consumo di vino. La coltivazione vera e propria del luppolo, però, avverrà molto tardi, nel IX secolo d.C., in Germania. Le prime citazioni scritte risalgono al 760 d.C. e fanno riferimento ad un orto coltivato a luppolo nelle vicinanze del convento di Freising, in Germania. Grande merito riguardo gli studi sull’impiego del luppolo va attribuito a Suor Hildegard von Bingen (1098 – 1179), erborista e naturalista tedesca, grazie alla quale verrà regolamentato e precisato l’impiego di questa specie erboristica nella tradizionale bevanda. Il luppolo era altresì noto per le sue proprietà officinali.
Nell’antico Egitto e in epoca romana veniva usato per curare le malattie del fegato, i disturbi digestivi, alcuni disturbi femminili e per purificare il sangue. Quando i Romani occuparono la Britannia, tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C., cominciarono ad apprezzare il luppolo quale prelibatezza, impiegato in infusi rilassanti o aggiunto a bevande insieme ad altre erbe aromatiche. I giovani germogli venivano raccolti a scopo alimentare: ne parla Plinio il Vecchio (23/24 – 79 d.C.) nella sua Naturalis Historia. Plinio, osservando lo sviluppo rampicante del luppolo, lo paragona ad un lupo che assale un gregge di pecore, in quanto, ci dice, la pianta si aggrappa e sembra soffocare i salici.
La medicina popolare, fin dal Medioevo, attribuisce grande importanza al luppolo per i suoi effetti sedativi. Gli infusi vengono utilizzati come calmante o antinevralgico, e nei casi di insonnia. V’era l’usanza di riempire di fiori femminili di luppolo i cuscini destinati ai bambini, per favorire un buon sonno.
Linneo (1707 – 1778) denomina questa pianta Humulus lupulus, traendo forse il nome di genere dal latino “humus” (terra), con significato di “basso, umile”, forse per i fusti che riposano a terra se privi di sostegno. Il nome di specie invece pare rimandare alle parole di Plinio che ne parla come di “lupo dei salici”.
UTILIZZI IN CUCINA
Ben noto è l’impiego delle infiorescenze femminili per aromatizzare la birra. A seconda del momento della cottura in cui viene aggiunta questa spezia si avrà una birra con caratteristiche organolettiche particolari. Da noi a Quiliano, come in gran parte dell’Italia settentrionale, vi è l’abitudine di raccogliere i getti apicali del luppolo per utilizzarli in cucina, dove si dimostrano una vera e propria leccornia. Si raccolgono in primavera e all’inizio dell’estate e si utilizzano al pari degli asparagi selvatici. Ottime sono le frittate con i germogli di luppolo, ma anche i risotti e le minestre, e sono squisiti consumati semplicemente lessati, in acqua o al vapore, e conditi con olio extra vergine di oliva ed aceto o limone.
Occorre fare molta attenzione a non confondere i getti apicali del luppolo con quelli di altre piante rampicanti velenose, quali la brionia (Bryonia alba) o il tamaro (Tamus communis), tossiche e potenzialmente letali. Si consiglia quindi di non effettuare la raccolta in caso di minimo dubbio.
LA RICETTA
Risotto ai germogli di luppolo
Ingredienti: un’abbondante manciata di germogli di luppolo, riso arborio o carnaroli o altra varietà per risotto, brodo, uno spicchio d’aglio, olio extravergine di oliva, formaggio parmigiano grattugiato.
Raccogliere e lavare con cura le cimette apicali del luppolo, tritarle più o meno finemente, a piacere, e metterle in un tegame con olio extra vergine di oliva e uno spicchio d’aglio. Rosolare per pochi minuti, quindi aggiungere il riso. Far tostare velocemente e versare brodo quanto basta per portare a termine la cottura. Servire in tavola ben caldo, insaporito con una spolverata di formaggio parmigiano grattugiato.
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