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BRUNO, DARIO E BRUNO: LA MATTANZA DEI BAMBINI

ANDREA OLIVERI Correva veloce il piccolo Bruno tra i pini del bosco, con l’entusiasmo, la giocosa leggerezza e l’innocenza tipica dei suoi dieci anni. Bruno Ferro era nato a Roviasca e il 19 aprile 1945 si trovava con il padre nei boschi in località Curnè, poco lontano da località Trexenda, con le pecore al pascolo; […]

ANDREA OLIVERI

Correva veloce il piccolo Bruno tra i pini del bosco, con l’entusiasmo, la giocosa leggerezza e l’innocenza tipica dei suoi dieci anni. Bruno Ferro era nato a Roviasca e il 19 aprile 1945 si trovava con il padre nei boschi in località Curnè, poco lontano da località Trexenda, con le pecore al pascolo; quei monti erano la sua casa, dove si sentiva al sicuro. Era come gli altri ragazzini che abitavano quelle zone, i quali di sovente entravano in contatto coi partigiani; ragazzini ingenui che poco potevano sapere degli avvenimenti che stavano sconvolgendo il Paese, ma che avevano fiducia in quei ribelli poco più che loro coetanei, ai quali non facevano mancare il proprio aiuto se si trattava di avvertirli in caso di presenza di forze nazifasciste. Quel giorno di metà aprile la Liberazione era vicina e il piccolo, forse giocando, aveva per un attimo perso di vista il papà e quindi si mise a correre per raggiungerlo. Dieci anni sono pochi e Bruno non poteva certo immaginare in quel momento di essere in pericolo; infatti, era stato notato da un nucleo di marò della San Marco in rastrellamento sulla collina di fronte. Un bersaglio facile, deve aver pensato uno di loro che non esitò ad imbracciare il fucile e a prendere la mira. Quando Giulio Geido, un cittadino di Montagna che era stato preso in ostaggio dal gruppo, fece notare al sergente che quello a cui stava sparando era solo un bambino, “Quando sarà grande diventerà sicuramente un partigiano” fu la secca risposta che ricevette. Dopodiché fece fuoco e per il piccolo Bruno non ci fu scampo. A ricordo di quell’insensato eccidio i famigliari posero una Croce, mentre le associazioni della Resistenza nel 1990 collocarono un cippo in marmo sul quale il professor Maurizio Calvo dettò toccanti versi. Rimase impressionato dalla vicenda perfino il comandante supremo alleato delle forze nel Mediterraneo Maresciallo Alexander che rilasciò a Bruno il certificato di Patriota. I ragazzi delle scolaresche ogni anno si recano nel luogo dell’uccisione per rendere omaggio, accompagnati dagli insegnanti e dal Parroco che, dopo una preghiera, impartisce la benedizione. Ma Bruno Ferro non fu il solo bambino vittima dalla cieca ferocia nazifascista; poco tempo prima, il 26 novembre 1944, era morto a causa dell’esplosione di un ordigno disseminato nei boschi di Cadibona dall’esercito occupante anche Dario Banchieri, di otto anni; era in cammino coi genitori per raggiungere la casa dei nonni che abitavano in quella località. Stessa sorte toccherà a Bruno Oliveri, fanciullo nato a Plodio ma residente a Montagna che il 12 maggio 1945 morirà a causa delle ferite multiple riportate in seguito allo scoppio di un’altra bomba, all’età di quattordici anni. Un’altra vita negata, stroncata freddamente e senza motivo sul nascere. Bruno, Dario e Bruno, sangue innocente di bambini per sempre.

Bruno Ferro (Roviasca, 1935 – loc. Trexenda, 1945)

FONTI:

G. Patrone, I primi cinquant’anni del Novecento quilianese: Quiliano 1900-1945: scelte amministrative e avvenimenti (Coop. Tipograf, Savona, 2015)

G. Patrone, Il racconto di Luigi, Una storia di libertà e antifascismo quilianese (Coop. Tipograf, Savona, 2016)

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