ANDREA OLIVERI
Nel dicembre 1944, ai primi del mese, Giacomo Malaspina venne prelevato dal campo di Mauthausen, caricato su un autobus e trasportato al vicino Castello di Hartheim, nella cittadina austriaca di Alkoven. L’autobus si fermò nella parte occidentale del castello, vicino ad una legnaia esternamente non visibile; accompagnato da una guardia SS attraverso un entrata secondaria, Giacomo giunse nel “cortile delle arcate“ e poi in uno spogliatoio. Gli venne chiesto di denudarsi, dopodiché entrò in quella che era chiamata “stanza delle riprese“ dov’era installato un impianto fotografico. Infine varcò la soglia di un’altra stanza, di 6 metri per 4, sul cui soffitto scorreva un tubo per le condutture dell’acqua, con tre rubinetti per la doccia. Era il 6 dicembre e Giacomo Malaspina si trovava nella famigerata e segreta camera a gas del Castello di Hartheim e gli era stata riservata l’esecuzione più terribile, ovvero l’eliminazione mediante inalazione di monossido di carbonio. Lungo le tre pareti e sul pavimento della camera era presente un tubo con numerosi buchi e fu proprio da esso che uscì il gas venefico, liberato nell’aria da un medico delle SS mediante una bombola collocata nella stanza accanto. Giacomo non lo sapeva, ma quel luogo era stato trasformato dagli uomini del Terzo Reich in un centro di eutanasia, nell’ambito dell’operazione T4 che prevedeva lo stermino di portatori di malattie mentali e di handicap; venne presto utilizzato anche per l’eliminazione dei prigionieri provenienti dai vicini campi di concentramento e dichiarati inadatti o non più idonei al duro lavoro, persone ammalate, ferite o semplicemente anziane. Tra queste, che Hitler chiamava ‘esistenze insignificanti’, vennero inclusi anche gli oppositori politici, categoria di cui il Malaspina faceva parte.
Originario del paese piemontese di Sezzadio, nell’alessandrino, Giacomo si era spostato a Quiliano, vicino alla fabbrica dov’era impiegato come operaio, l’allora “Società Italo Americana pel Petrolio” (poi Esso Italiana) di Vado Ligure, Qui, venne arrestato dalle guardie nazifasciste con la solita motivazione: collaboratore delle forze ribelli partigiane. Accusa fondata, visto che Giacomo Malaspina, 44 anni, militava nella squadra d’azione patriottica Don Peluffo, perciò assieme al collega Enrico Botta, venne inviato su un carro piombato nel Lager di Mauthausen, da dove entrambi non fecero più ritorno. Il Castello di Hartheim era originariamente un luogo di cura per bambini malati di mente gestito da un gruppo di suore: nel 1940 i nazisti allontanarono le suore e iniziarono lo sterminio di massa.
Giacomo Malaspina fu tra le trecento vittime italiane: una volta uccisi dal gas, i loro corpi venivano inceneriti nel crematorio e le loro ceneri, dopo essere state polverizzate nel “mulino delle ossa“, venivano gettate nel Danubio e nel Traun.
Per un’ancor più tragica fatalità, egli rientrò nel numero degli ultimi uomini che vennero eliminati nel Castello, dal momento che già un mese prima della sua morte la Cancelleria del Fuhrer aveva dato il via allo smantellamento della struttura; così, solo una settimana dopo, tra il 12 e il 19 dicembre 1944, vennero distrutte la camera a gas, le attrezzature del crematoio e tutto quanto potesse rivelare ciò che di atroce vi era stato commesso.
Il nome di Giacomo Malaspina compare sul monumento dedicato agli eroi della guerra e della Resistenza situato di fronte all’oratorio di ‘San Sebastiano’ di Valleggia, a fianco della Chiesa parrocchiale del Santissimo Salvatore, con quelli di Angelo Aonzo, Cirano Bellotto, Cesare Briano, Mario De Grossi, Giuseppe Rossi e Silvio Torcello, suoi colleghi di libertà, figli quilianesi caduti nella lotta contro i fascisti e gli invasori tedeschi.
Giacomo Malaspina, 45 anni (Sezzadio, 1899 – Hartheim, Austria, 1944)
FONTI:
A. Lunardon, La resistenza vadese (Marco Sabatelli Editore, 2005)
G. Malandra, I volontari della Libertà della II zona partigiana ligure (A.N.P.I., Savona, 2005)
www.wikipedia.org.
www.deportati.it
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