ANDREA OLIVERI
Era la mattina del Primo Maggio 1922 e la Società Sportiva Football di Valleggia si ritrovò a Montagna per festeggiare la Festa del Lavoro: la gita e la colazione sotto le piante di castagno erano una consuetudine consolidata per i componenti della squadra guidata dal Capitano Amedeo Saccarello. Verso sera, la compagnia ritornò a Valleggia passando per il centro di Quiliano, cantando indisturbata canzoni campestri e popolari; come tradizione, si soffermò nei locali della Società di Mutuo Soccorso Fratellanza Quilianese per suggellare la giornata con qualche bicchiere di vino.
LA PROVOCAZIONE FASCISTA
Durante il momento dei balli e dei brindisi, Giuseppe Boero si staccò dalla vicina sede della Società dei Cacciatori (nota allora come ritrovo di aderenti e simpatizzanti ai Fasci di Combattimento) e iniziò ad insultare la comitiva brandendo minacciosamente un nerbo di bue e percuotendo due di loro: fu la miccia che scatenò una rissa tra democratici e fascisti che culminò con l’uccisione di uno di questi, Andrea Prefumo e con feriti da entrambe le parti. Le indagini della polizia che seguirono portarono all’identificazione del negoziante comunista Gerolamo Podestà come responsabile del delitto e all’arresto dei presunti complici. Tra essi, anche Andrea Aonzo, calzolaio valleggino e simpatizzante comunista che aveva ricevuto la Croce di Guerra al merito durante la Grande Guerra del 1915-18 per il suo ruolo di caporalmaggiore in un Reggimento d’Artiglieria. Per evitare l’arresto, dopo un periodo di latitanza riuscì a superare la frontiera e si stabilì in Francia insieme al fratello Gerolamo, denunciato anch’egli per i fatti di Quiliano.
INDITIMIDAZIONI E FALSE ACCUSE
Episodio controverso quello dell’1 maggio: dietro accuse false e denigratorie, vennero arrestati giovani innocenti che subirono il carcere per ventiquattro giorni; i fascisti specularono politicamente sul fatto, ai danni dei partiti proletari e dell’allora Amministrazione comunale che si opponevano al regime. Nei giorni successivi al delitto, si presentarono dal sindaco e dagli altri consiglieri per intimare le loro dimissioni, minacciando che, qualora non le avessero firmate, sarebbero stati accusati di complicità dell’assassinio di Prefumo.
L’ESILIO, IL CARCERE, IL PROCESSO
I fratelli Aonzo rientreranno in Italia un anno dopo, in occasione dell’apertura del processo, desiderosi di chiarire la loro posizione: imputati assieme agli altri antifascisti, videro aprirsi le porte del carcere, dove trascorsero dieci mesi in attesa che, al termine di un’ulteriore istruttoria, riprendessero le udienze. Nel 1924 Andrea venne assolto dalla Corte d’Assise ma ciò non fu sufficiente per porre fine alle persecuzioni che subì da parte degli squadristi: fu così costretto a tornarsene in Francia, dove trascorse da esule i vent’anni successivi in compagnia del fratello, rimesso in libertà per amnistia. Qui mantenne uno stile di vita riservato insieme alla madre e alla donna che diventerà sua moglie, Maria Scarrone, anche lei quilianese fuoriuscita con la famiglia dall’Italia fascista cui condivideva la stessa fede politica. Negli anni della Guerra Civile spagnola, Maria si occupò della raccolta di indumenti e sussidi per i bambini spagnoli figli dei combattenti per la Repubblica.
IL CAMPO DI CONCENTRAMENTO POI LA LIBERAZIONE
Dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, le cose si misero male anche in Francia e Andrea visse l’esperienza del campo di concentramento, prima a Remoulins e poi a Vernet. Sofferente di calcoli alla vescica, venne ricoverato e operato a Tolosa, dopodiché verrà rimpatriato in Italia: arrestato a Mentone, è di nuovo condotto in carcere a Savona. Subito dopo la Liberazione, in virtù del suo passato da convinto oppositore del regime, Aonzo viene eletto all’unanimità come Sindaco di Quiliano: il 27 aprile, all’uscita del municipio, venne portato in trionfo dalla popolazione per un lungo pezzo di strada, fino alla scalinata delle scuole di Valleggia. Commosso fino alle lacrime, il neoeletto ringraziò tutti i numerosi che ebbero fiducia nella lotta partigiana, raccomandando più volte di non trascendere in vendette personali contro chi l’aveva avversata:
UN MESSAGGIO DI LIBERTA E FRATELLANZA
“Troppo abbiamo sofferto noi e le nostre famiglie durante il fascismo – disse – e non vogliamo che altri soffrano le stesse pene adesso. Il tempo ha dimostrato che la nostra lotta era giusta – proseguì – noi ci promettiamo di perdonare tutto il male che ci hanno fatto e li invitiamo ad inserirsi in un Comune democratico e in una Nazione democratica:”. Non era più tempo di violenze e ripicche, c’era un Paese da ricostruire e serviva il massimo impegno da parte di tutti. “Abbiamo bisogno di serenità e questa è il popolo che ce la deve dare”: Andrea Aonzo, il Sindaco della Liberazione, l’aveva capito subito.
Andrea Aonzo (Savona, 1894 – Valleggia, 1946)
FONTI:
G. Patrone, I primi cinquant’anni del Novecento quilianese: Quiliano 1900-1945: scelte amministrative e avvenimenti (Coop. Tipograf, Savona, 2015)
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