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“SELCE”: TRADITO, AFFIDÒ LA VENDETTA AI COMPAGNI

Nuovo appuntamento con Percorsi Che Resistono, le storie degli eroi della Resistenza per le vie di Quiliano: Ernesto De Litta. Erano increduli gli occhi di mamma Iside alla vista del corpo del figlio partigiano Ernesto ‘Selce’ De Litta, di soli diciannove anni, supino sul tavolo della Camera Mortuaria del cimitero di Valleggia con indosso il […]

Nuovo appuntamento con Percorsi Che Resistono, le storie degli eroi della Resistenza per le vie di Quiliano: Ernesto De Litta.

Erano increduli gli occhi di mamma Iside alla vista del corpo del figlio partigiano Ernesto ‘Selce’ De Litta, di soli diciannove anni, supino sul tavolo della Camera Mortuaria del cimitero di Valleggia con indosso il maglione che recava i segni delle pallottole del fuoco fascista, ma con il viso pulito.
Ernesto era stato fatto passare per le armi la sera precedente, il 9 ottobre 1944, presso la porta del cimitero.
Operaio nella fabbrica Sinigallia e iscritto al Partito Comunista Italiano, era entrato nella Brigata SAP “Corradini“ e poche sere prima della cattura si era distinto nell’attacco contro la caserma della Finanza per procurare armi e munizioni.
Il 6 ottobre si trovava presso l’osteria “Da u Tognu“ a Porto Vado con altri sappisti in un’azione di simulazione per consentire a un gruppo di San Marco di disertare; ma i militi, anziché arrendersi come concordato, fecero irruzione nell’osteria intimando il fermo a tutti e il giovane, sorpreso con due pistole in tasca, venne arrestato e condotto in prigione.
Al termine di tre giorni di interrogatori e sevizie in cui tenne duro senza tradire i compagni, venne informato della sua condanna a morte. Non servirono a salvargli la vita gli interventi dei militari della Repubblica di Salo’, del suo datore di lavoro, del Maresciallo della Capitaneria, del parroco di Valleggia e neppure quello di un Ufficiale tedesco che ne propose la deportazione in un campo di lavoro forzato in Germania.
Un ragazzino nascosto nel fogliame che aveva seguito il momento della fucilazione raccontò che ‘Selce’ rifiutò di essere fucilato alla schiena e durante la sua esecuzione salutò il plotone col pugno chiuso gridando: “Compagni vendicatemi“. Alcuni militari che non condividevano la sentenza spararono a salve e contro il muro.
Dopo essere stato abbandonato per due giorni, il suo corpo venne sepolto dal sacerdote del cimitero per poi essere trasportato a braccia, dopo la Liberazione, nel monumento dedicato ai caduti partigiani di Bossarino.
Oggi, nel luogo del martirio, sorge una lapide alla memoria.

Ernesto De Litta (Vado Ligure, 1925 – Valleggia, 1944)

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