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GRIPPO, IL CAPITANO

Davide Grippo, centrocampista classe 1980, capitano del Q&V, punto di riferimento per la comunità di Quiliano dentro e fuori dal campo, si racconta. Dalla sua visione del calcio di oggi, fino alle idee per il futuro, passando dalla gioventù fino all’amata famiglia. GIOVANNI PAPINI Partendo dal campo, lei Grippo è il capitano del Q&V. In […]

Davide Grippo, centrocampista classe 1980, capitano del Q&V, punto di riferimento per la comunità di Quiliano dentro e fuori dal campo, si racconta. Dalla sua visione del calcio di oggi, fino alle idee per il futuro, passando dalla gioventù fino all’amata famiglia.

GIOVANNI PAPINI

  • Partendo dal campo, lei Grippo è il capitano del Q&V. In un periodo come questo quanto è importante il suo ruolo nel tenere unito il gruppo e vivo l’umore soprattutto dei ragazzi più giovani?

Il ruolo di capitano è fondamentale avendo responsabilità non solo verso se stessi ma anche verso gli altri, soprattutto nei confronti dei ragazzi giovani che all’incirca sono il 90% della squadra. Si cerca di dare una mano sia dal punto di vista calcistico che sotto l’aspetto umano. Data la situazione sanitaria, per motivi lavorativi e familiari non sono presente come prima, ma cerco sempre di far sentire che ci sono anche se non fisicamente. Da questo punto di vista la società sta facendo un gran lavoro per sopperire alle mancanze fisiche attraverso gli allenamenti.


  • In questi mesi di fermo il calcio è passato in secondo piano, lei fuori dal Picasso di cosa si occupa? 

Ho un’agenzia di assicurazioni a Valleggia che mi prende tanto tempo. Prima il campo riuscivo a viverlo al meglio grazie all’obiettivo domenica e campionato. In questo momento è difficile starci fisicamente, ho preferito dedicarmi più alla famiglia avendo due figli piccoli. Sperando nell’inizio del prossimo campionato dopo l’estate sicuramente mi farò trovare pronto. In una maniera o nell’altra sono sempre presente sul territorio giocando per la squadra del paese in cui vivo e lavoro, questo per me è molto bello. Il lunedì mattina non mancano i tifosi che passano in ufficio per parlare di calcio.

  • Nel calcio di oggi secondo lei quanto è fattibile per un giovane che milita in Prima Categoria arrivare a giocare nei campionati superiori? Ritiene che la gavetta sia importante? 

La gavetta è importante, direi quasi fondamentale. Nel Quiliano & Valleggia ci sono veramente tanti giocatori che possono ambire a categorie superiori, tra l’altro tutti ragazzi del posto, e questo è ulteriore motivo di orgoglio. Tutto sta non tanto nelle caratteristiche atletiche ma soprattutto nella testa; per me la metà del giocatore è la mentalità. Qualità e doti tecniche non gli mancano, per cui se dal punto di vista mentale i ragazzi capiscono di poter ambire a campionati superiori la Prima Categoria inizia a stargli stretta.


  • Sfortunatamente il campionato è prossimo alla cancellazione. Sperando in una stagione 2021/2022 regolare e senza interruzioni, quali saranno gli obiettivi della squadra? 

Partendo dalla società immagino ci sia la volontà di riconfermare l’ossatura di quest’anno che ha fatto molto bene. Gli obiettivi saranno le posizioni importanti della classifica. Questa stagione avevamo iniziato bene; a parte la prima giornata abbiamo sempre portato a casa risultati importanti e aspiravamo alle prime quattro posizioni e di conseguenza ai playoff. L’anno prossimo le ambizioni rimarranno invariate.


  • Quale crede che sia il punto di forza del Q&V? 

Sempre il gruppo. Sembra una frase fatta ma è così. Il punto di forza delle squadre è sempre il collettivo, difficile parlare di singoli, soprattutto in Prima Categoria. I campionati non si vincono da soli, si vincono insieme, remando tutti verso la stessa direzione e lo stesso obiettivo. Quest’anno stavamo riuscendo in questo, e la cosa positiva di questa squadra è che oltre a qualche vecchietto, compreso il sottoscritto, è formata da ragazzi che si vedono anche fuori dal campo. È un gruppo di amici, qualcosa che va oltre il calcio.


  • Oltre ad essere il capitano lei è il giocatore più esperto della rosa. Nel corso della sua carriera a quali giocatori del suo ruolo si è ispirato di più? 

Tosta questa, non me l’aveva mai chiesto nessuno. Diciamo che ho cambiato diversi ruoli; quando ero giovane che avevo tanto fiato, tanta corsa e trottavo sulla fascia sono stato un esterno. Poi il mio idolo indiscutibile è sempre stato Baggio, una volta che mi sono messo a giocare in mezzo al campo pensi Baggio è il top, poi pure numero 10 e capitano.

  • Una volta finito con il calcio giocato, qual è il suo obiettivo, il suo desiderio? Aspira ad un ruolo in società? Diventare allenatore? O chiudere il capitolo calcistico continuando con la sua attività?

Vorrei rimanere nell’ambiente calcio, perché ce l’ho nel cuore. Cercherò di smettere il più tardi possibile, moglie permettendo; sono già cinque anni che le dico che smetto, ma poi non ci sono mai riuscito. Difficilmente potrò fare l’allenatore data la mia poca pazienza, anche se da una parte penso che mi piacerebbe allenare i bambini perché li costruisci insegnandogli le basi. Una squadra di adulti non saprei; dovessi scegliere ora preferirei un ruolo in società ad esempio magari direttore generale o direttore sportivo. Come allenatore faccio ancora un po’ fatica a pensarci. Io amo tantissimo la mia famiglia, mia moglie Silvia e i miei bambini Gabriele e Camilla, sono la mia vita. Penso che con un’altra persona vicino avrei davvero già smesso o mi avrebbe mandato a quel paese, invece mia moglie mi sostiene sempre; anche quando mi vedeva andare via la domenica mattina per fare una trasferta chissà dove e tornare la domenica sera nel periodo in cui si giocava ancora il campionato. Grazie ad una persona con il suo carattere sto continuando, e ovviamente le ho già detto che l’anno prossimo continuo ancora, non si può smettere in un anno di pandemia.

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