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IL PRATO DI LAURA (26)

ASPARAGO SELVATICO, LA TRADIZIONE NEL PIATTO Piccolo arbusto che spunta a marzo nel selvatico e secondo gli usi delle nostre parti tocca agli uomini procurarselo nei posti più impervi. Piace a tutti, ma Luigi XIV ne era ghiotto e Bonaparte non era da meno. Napoleone III lo usava come Viagra… LAURA BRATTEL   NOMI COMUNI: […]

ASPARAGO SELVATICO, LA TRADIZIONE NEL PIATTO

Piccolo arbusto che spunta a marzo nel selvatico e secondo gli usi delle nostre parti tocca agli uomini procurarselo nei posti più impervi. Piace a tutti, ma Luigi XIV ne era ghiotto e Bonaparte non era da meno. Napoleone III lo usava come Viagra…

LAURA BRATTEL

 

NOMI COMUNI: asparago, asparago selvatico, asparago pungente

NOME SCIENTIFICO: Asparagus acutifolius

NOME DIALETTALE QUILIANESE: spàragu

FAMIGLIA: Asparagaceae (vecchia classificazione: Liliaceae)

DESCRIZIONE DELLA SPECIE

L’asparago è un suffrutice, cioè una sorta di piccolo arbusto, i cui getti inizialmente erbacei (detti turioni) diventano via via coriacei e legnosi alla loro base.

Le foglie sono quasi assenti, ridotte a squamette alla base dei fusti, e la loro funzione è svolta dai cladodi, rami modificati presenti su tutto il fusto.

I fiori, piccoli e di colore giallastro virante al verde, compaiono in piena estate all’ascella dei cladodi. Questi fiori, apparentemente ermafroditi, si comportano generalmente come unisessuali, per cui frequente è il fenomeno delle piante di asparago dioiche: abbiamo quindi individui che svolgono il ruolo femminile e altri che svolgono il ruolo maschile. L’impollinazione avviene ad opera degli insetti.

Il frutto è una bacca sferica verde, quasi nera a maturità, contenente da uno a tre semi.

L’asparago è specie tipicamente mediterranea, vive nella boscaglia e nella macchia.

HABITAT

Specie tipicamente mediterranea, l’asparago ama vivere nella boscaglia e nella macchia, sia in ombra che in pieno sole. Non gradisce i ristagni d’acqua, che procurerebbero danni all’apparato radicale, mentre sopporta molto bene periodi siccitosi anche prolungati.

Nell’asparago selvatico (Asparagus acutifolius) quelle che sembrano foglie sono in realtà rami modificati detti “cladodi” e i germogli prendono nome di “turioni”.

PROPRIETÀ OFFICINALI

La virtù principale e maggiormente conosciuta dell’asparago è la sua proprietà diuretica.

È in grado di aumentare la diuresi a tal punto da poter essere considerato un vero e proprio medicamento in caso di infiammazioni alle vie urinarie e calcoli renali. Tuttavia, se il consumo di asparagi può favorire la guarigione e prevenire l’insorgere di questi fastidi, nei casi più gravi è necessario rivolgersi al medico, che saprà prescrivere preparazioni a base di asparago con una quantità standardizzata di principio attivo, da dosare in base alla particolare patologia.

La parte più attiva e ricca di principi della pianta, da questo punto di vista, è il suo rizoma (la radice), che nella medicina popolare veniva utilizzato sotto forma di decotto. Questo veniva impiegato per curare edemi, disturbi epatici, asma bronchiale, reumatismi e soprattutto la gotta.

L’asparago è un ottimo depurativo, in grado di ripulire intestino, fegato, reni, polmoni e pelle e rimodula l’equilibrio della composizione del sangue, specie quando inquinato da una cattiva alimentazione.

I germogli dell’asparago, detti “turioni”, sono inoltre ricchi di vitamine e sali minerali. Tra le prime ricordiamo la vitamina A, B  e l’acido folico, importante per le donne in gravidanza, in quanto evita malformazioni fetali. Tra i secondi si possono elencare calcio, magnesio, fosforo, potassio, manganese, sodio. Questi elementi hanno  un effetto benefico su legamenti, reni e pelle.

Gli asparagi sono inoltre ricchi di sostanze antiossidanti, con potere anticancerogeno, in quanto aiutano a combattere i radicali liberi che danneggiano le cellule.

Vorrei sottolineare che il caratteristico odore conferito alle urine dal consumo di asparagi non è nulla di cui preoccuparsi: si tratta semplicemente della degradazione di alcuni dei suoi componenti a base di zolfo.

È bene tuttavia ricordare che un massiccio consumo di asparagi e l’uso di preparati a base di essi deve essere invece evitato o fortemente limitato da chi soffre di nefriti o altre patologie renali gravi, oltre che dai cardiopatici, proprio a causa della sollecitazione nei confronti dei reni dovuta al potere diuretico.

CURIOSITÀ E NOTIZIE STORICHE

Il nome di questa pianta tanto ricercata deriva probabilmente dal persiano “asparag”, che significa “germoglio”. Sembra infatti che la sua raccolta e successiva coltivazione abbiano avuto origine proprio nella terra tra i due fiumi, la Mesopotamia, circa 3000 anni fa.

Secondo altre ipotesi il termine deriverebbe dal persiano “cperegh”, con significato di “dentello, punta” (anche in questo caso si confermerebbe l’origine iraniana ovvero mesopotamica della sua coltivazione), oppure da una radice sanscrita che farebbe riferimento al “gonfiare, germogliare”. Ancora, certi studiosi ipotizzano derivi dal greco “a – speirw”, ovvero un prefisso negativo davanti alla voce verbale che indica la semina, per via della sua facilità di diffusione.

Esistono anche altre ipotesi, ma queste sembrano le più convincenti. La prima, in particolare, è altamente verosimile in quanto la parola “asparago” veniva usata nell’antichità, e talvolta è impiegata ancora oggi, per designare germogli di specie selvatiche diverse da questa, raccolti per essere consumati.

Anche gli antichi Egizi amavano i teneri germogli dell’asparago, tant’è vero che li troviamo raffigurati su pitture murali in alcune piramidi, quale preziosa offerta agli dei.

Dall’Egitto la coltivazione dell’asparago si diffuse poi a tutto il bacino del Mediterraneo.

I Greci consumavano sia l’Asparagus acutifolius che l’A.officinalis. Quest’ultimo veniva coltivato in terreni fertili e ben drenati, in prossimità di fiumi o del mare. Ce ne parla Teofrasto nel III secolo a.C. nella sua opera “Περὶ φυτῶν ἱστορία” (“Peri phyton historia”, ovvero “Storia delle Piante”), dove ne decanta il delicato sapore.

Dopo di lui ne parlò Catone nel “Liber de agri cultura”, noto anche come “De re rustica”, scritto nel I secolo a.C., un trattato di agronomia molto accurato, dove a questa specie viene dedicato un intero capitolo. Nel secolo successivo se ne occuparono Dioscoride, che ne elenca le virtù salutari, e Plinio. Quest’ultimo, nella sua opera “De Naturalis Historia”, riporta in gran parte le parole di Catone, e definisce l’asparago come “l’erba più coltivata con diligenza fra tutte dell’orto”.

Nella Roma imperiale ne parlarono anche Virgilio, Apicio, Columella, Svetonio, Giovenale e Marziale, segno che questa verdura, sia nella forma spontanea che coltivata, era molto apprezzata, per quanto venisse considerata leccornia destinata alle sole tavole dei ceti benestanti. Come in Egitto, anche nell’antica Roma l’asparago fa bella mostra di sé in dipinti murali: possiamo ammirarlo in diverse sale da pranzo di case di Ercolano e Pompei.

Nei secoli successivi Celso e Galeno ne descrissero le virtù terapeutiche, raccomandandolo come diuretico, depurativo e disintossicante.

Durante il Medioevo fu la Scuola Salernitana a citare l’asparago quale ottimo rimedio diuretico e depurativo, e venne sentenziato inoltre che “augmentat sparagus sperma” (l’asparago fa aumentare lo sperma). Questa credenza si deve sicuramente alla particolare forma del turione, di chiaro riferimento fallico, e potrebbe essere per questo motivo che la letteratura dell’epoca ne fa scarso e irrilevante accenno. In una società dominata dal senso religioso e con un’agricoltura prevalentemente in mano ai monasteri, ogni eventuale riferimento sessuale in prodotti destinati alla tavola veniva preferibilmente bandito.

Dal XV secolo la coltivazione dell’asparago in Europa prende piede, a partire dalla Francia e successivamente un po’ ovunque. Proprio in Francia il Re Sole fece erigere un obelisco a Versailles, dedicato al botanico e giardiniere che riuscì ad ottenere una produzione di asparagi freschi durante tutto l’anno. Napoleone Bonaparte ne andava particolarmente ghiotto, al punto che si dice ne facesse seminare dai suoi soldati nei luoghi dove era previsto un lungo accampamento. Avendo l’asparago fama di cibo afrodisiaco, pare che il nipote di quello, Napoleone III, se ne facesse servire in occasione di cene galanti, arrivando a rimandare l’appuntamento nel caso in cui le cucine ne fossero sprovviste.

In Liguria durante il mese di marzo vengono raccolti i saporiti germogli degli asparagi selvatici.

UTILIZZI IN CUCINA

L’asparago è stato da sempre molto apprezzato in cucina. Abbiamo visto come fosse gradito ai popoli antichi, dove veniva riservato alle tavole dei ceti superiori. Ancora oggi l’asparago conserva la prerogativa di cibo prezioso e raffinato, sebbene il suo consumo sia ormai diffuso a livello popolare.

In Liguria, oltre alle pregiate specie coltivate, come il violetto di Albenga, sono molto ricercati gli asparagi selvatici di cui si parla in questa scheda. La raccolta degli asparagi selvatici nella nostra Regione è una tradizione cui difficilmente si può rinunciare. Nel mese di marzo si va quindi per la macchia mediterranea, lasciandosi pungere e graffiare da arbusti spinosi, pur di tornare con il favoloso bottino. La raccolta degli asparagi, a differenza di quella delle erbe spontanee commestibili, è una faccenda che per consuetudine viene riservata più agli uomini che alle donne: sono loro che affrontano intrepidi l’intrico selvaggio della disordinata vegetazione mediterranea, scalando ripidi pendii pur di raccogliere i prelibati gettiti primaverili.

I germogli degli asparagi, chiamati più precisamente turioni, possono essere cucinati in vari modi: in purezza, sbollentati velocemente e conditi con una noce di burro o in alternativa con olio e limone, o in saporiti risotti, torte salate e paste ripiene tipo vol au vent. Ma l’abbinamento più classico richiesto da questo cibo buono e salutare è quello con le uova.

Già Marco Gavio Apicio, vissuto nella Roma imperiale a cavallo tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., consigliava di accompagnare le pietanze a base di asparagi con le uova. In particolare suggeriva di cospargere gli asparagi sbollentati con il tuorlo d’uovo sminuzzato, in stile “mimosa”. Sempre Apicio ci rivela un consiglio per non gettare e riutilizzare la parte coriacea dell’asparago: propone di tritarla in un mortaio, bagnarla con il vino, che verrà poi fatto scolare, unirvi un trito di cipolla, olio, pepe, santoreggia e coriandolo verde, ed usare questa salsa per condire le uova, oppure mescolare l’amalgama con uova fresche, per farne una saporita frittata.

Attenzione!

Faccio presente che in certe Regioni d’Italia la raccolta degli asparagi è regolamentata a norma di legge, per cui vi sono territori in cui tale raccolta viene parzialmente o completamente proibita. Si prega di fare sempre riferimento alle normative e ai regolamenti presenti sul proprio territorio per non incorrere in sanzioni.

La Liguria lascia libertà di raccolta, ma vi sono Regioni in cui essa è vietata: per esempio in Lombardia la raccolta è interdetta sempre, e le sanzioni per i trasgressori vanno dai 100 ai 300 euro; in Toscana la raccolta può essere effettuata solo in un periodo ben preciso dell’anno; nel Lazio la raccolta non può eccedere un chilo di prodotto, ecc.

LA RICETTA

In onore di Apicio, il gastronomo romano che con tanta cura ci ha tramandato i suoi suggerimenti culinari riguardo questo prezioso germoglio, propongo un classico abbinamento tra asparagi e uova, rivisitato in chiave moderna.

Asparagi golosi

Ingredienti: un mazzetto di asparagi selvatici (oppure coltivati), un uovo, una fetta di prosciutto cotto, una noce di burro.

Procedimento:

Pulire e sbollentare gli asparagi, porli in una padellina con una noce di burro, saltarli velocemente e sgusciarvi sopra un uovo, quindi coprire con un coperchio e lasciar cuocere fino al punto desiderato. Scodellare gli asparagi al burro con l’uovo su un piatto su cui sia stata stesa una bella fetta di prosciutto cotto.

Buon appetito anche da parte di Apicio!

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