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IL PRATO DI LAURA (32)

VIOLA DEL PENSIERO, IL FIORE DELL’AMORE Una pianta longeva che cresce soprattutto in orti e terreni abbandonati o coltivati. Importante per le sue attività antinfiammatorie e antisettiche, è una specie che rientra nel nostro “prebuggiùn” con il suo sapore dolce e delicato. Per il mito greco era messaggera di amore e fedeltà, in un’opera di […]

VIOLA DEL PENSIERO, IL FIORE DELL’AMORE

Una pianta longeva che cresce soprattutto in orti e terreni abbandonati o coltivati. Importante per le sue attività antinfiammatorie e antisettiche, è una specie che rientra nel nostro “prebuggiùn” con il suo sapore dolce e delicato. Per il mito greco era messaggera di amore e fedeltà, in un’opera di Shakespeare il suo succo veniva utilizzato per far innamorare alla follia.

 

LAURA BRATTEL

 

 

NOMI COMUNI: Viola del pensiero selvatica, viola dai tre colori, erba trinità.

NOME SCIENTIFICO: Viola tricolor

NOME DIALETTALE QUILIANESE: Viuletta, pansé

 

FAMIGLIA: Violaceae

 

DESCRIZIONE DELLA SPECIE

Pianta erbacea annua, che può tuttavia prolungare il suo ciclo vitale su più anni. Ha radice a fittone e fusto eretto e ramoso, glabro, foglioso agli internodi. Può raggiungere i 40 cm di altezza. Le foglie hanno forma ovale o lanceolata, a margine crenato. Presentano talvolta delle stipole alla base. Gli steli floreali hanno origine dall’ascella delle foglie e recano un solo fiore, ermafrodito ed autofertile. La corolla è composta da 5 petali di colore molto variabile, anche nello stesso individuo. Il fiore può essere quindi interamente bianco o giallo o violetto, oppure può presentare sfumature multicromatiche, in varie composizioni. I due petali superiori sono più lunghi del calice, e questa caratteristica differenzia la Viola tricolor dalla sua parente prossima Viola arvensis (viola di campo), i cui petali superiori non oltrepassano mai i sepali del calice. Inoltre la Viola arvensis è di dimensioni ancora più piccole rispetto alla Viola tricolor. Entrambe le specie, tuttavia, condividono gran parte del patrimonio genetico e mostrano le stesse proprietà officinali e gli stessi usi alimentari. Dietro al petalo inferiore troviamo lo sperone, una sorta di contenitore tubolare dove è presente il nettare. L’impollinazione, infatti, è operata dagli insetti. Il seme è una capsula di forma ellittica e di colore bruno scuro.

 

La viola del pensiero selvatica ha fusto glabro, ossia privo di peli, ramoso agli internodi. Le foglie, ovali o lanceolate a margine crenato, hanno sovente stipole alla base

 

HABITAT

Diffusa soprattutto nell’Italia Settentrionale e Centrale, la Viola tricolor predilige orti e terreni abbandonati o coltivati, su suolo acido o neutro, dal piano alla fascia subalpina.

 

PROPRIETÀ OFFICINALI

Sia la Viola tricolor che la Viola arvensis, molto simile, contengono sostanze officinali utili a curare una serie di disturbi o fastidi. In particolare sono presenti nelle due specie svariati flavonoidi (rutina, violatina e altri), glucosidi, gomme, resine, mucillagine, saponine ed altri metaboliti secondari dall’azione antinfiammatoria. L’utilizzo di queste specie nell’alimentazione o sotto forma di infuso ha azione antiflogistica (allevia le infiammazioni e di conseguenza anche il dolore ad esse associato), antiossidante (combatte i radicali liberi ed aiuta ad eliminare le tossine) e protettiva dei capillari. Grazie alle saponine viene esercitata una buona azione espettorante in caso di tosse o infiammazioni bronchiali, e grazie alle mucillagini viene assicurata un’azione emolliente su tutte le mucose e i tessuti delicati dell’organismo. L’attività antimicrobica degli estratti di Viola tricolor è stata studiata da ricercatori medici che ne hanno verificato l’efficacia. Fiori e foglie hanno effetto depurativo sulla pelle, sia per uso interno, tramite infusi, sia esterno, applicando impacchi. Questi ultimi sono particolarmente indicati nella cura di acne e foruncoli e sono un ottimo rimedio per pelli grasse.

 

L’impiego dei fiori e di altre parti di questa utile pianticella, sotto forma di infuso o nell’alimentazione, ha azione antinfiammatoria, antiossidante e protettiva

 

CURIOSITÀ E NOTIZIE STORICHE

Tradizionalmente considerata efficace per contrastare la formazione della crosta lattea, la viola del pensiero selvatica è ben nota fin dal Medioevo, quando veniva coltivata con cura negli orti dei monasteri dai monaci farmacisti. Veniva considerata utile per curare vari tipi di eczema e per alleviare disturbi asmatici. Queste proprietà officinali  sono state poi indagate e comprovate dalla moderna scienza medica.

La Viola tricolor è nominata da Shakespeare nel “Sogno di una notte di mezza estate”. In inglese il suo nome è “heartsease”, cioè “malattia di cuore”, perché si pensava che la sua dolce fragranza fosse in grado di acquietare cuore e spirito o anche “love-in-idleness”, che unisce i termini “amore” e “ozio” per intendere un amore leggero e svagato. Nell’opera citata il succo di questa viola viene utilizzato per preparare una pozione che, spruzzata sugli occhi di un dormiente, lo farà innamorare della prima persona che vedrà al risveglio. È così che Titania, regina delle fate, verrà resa follemente innamorata dell’asino Bottom e da lì avranno origine una serie di colpi di scena dovuti all’uso improprio di questa pozione. La credenza secondo cui la viola del pensiero selvatica sarebbe messaggera d’amore nonché ingrediente per le pozioni stesse deriva da un antico mito greco. Un giorno, dovendo scagliare una freccia verso una fanciulla, Cupido mancò il bersaglio e per errore il dardo cadde su uno di questi fiori. Il dio dell’amore fu talmente impressionato dalla sua straordinaria bellezza, da donare ad esso la capacità di comunicare questo sentimento. L’origine di questi fiori sulla Terra è narrata da un altro mito greco: la leggenda di Demetra e Persefone. Persefone, figlia di Demetra, la Minerva romana, fu rapita da Ade, il dio degli inferi. Quando al termine di lunghe ricerche e trattative la madre poté riavere la figlia con sé, non appena questa risalì sul suolo terrestre sbocciarono davanti a lei delicati fiori mai visti, con i petali del colore cangiante dei suoi occhi: erano le piccole viole del pensiero selvatiche. Da quel momento furono consacrate a Demetra, dea dell’agricoltura e dell’artigianato, e quindi divennero emblema di lavoro ben svolto. In francese questa viola è chiamata “pensée”, cioè “pensiero”, e secondo la leggenda guardando attentamente i suoi petali si può intravedere il viso della persona amata. Ma “pensiero” è anche la fondamentale attività dell’Uomo, perché la Viola tricolor, con i suoi cinque petali, simboleggia appunto la figura umana. Le diverse tonalità cromatiche dei petali sono ugualmente raffigurazione del pensiero umano, con le differenti tendenze e passioni che vi si agitano, raggiungendo con la mediazione un equilibrio entro un’unità indissolubile. Un altro nome comune di questa pianticella è “erba Trinità”, per via dei suoi tre colori che ricordano le tre nature divine.

Donare a  qualcuno una viola del pensiero significa “Non ti dimenticherò mai più”, ed è anche un messaggio di amore e fedeltà. Per questo le donne dei marinai usavano donare ai propri amati, prima della partenza, uno di questi fiori.

 

UTILIZZI IN CUCINA

Anche la viola del pensiero selvatica rientra nella composizione del nostro “prebuggiùn” ligure. Ha un sapore dolce molto delicato che ricorda la lattuga o i piselli fini. Prima della fioritura o durante la stessa si possono dunque raccogliere le sommità della pianticella, da mescolare alle altre verdure spontanee. Con questi germogli si può anche preparare un gradevole risotto, che ricorda leggermente nell’aroma il profumo del fiore. I bellissimi fiorellini possono guarnire insalate e altre pietanze, regalando ad esse un tocco di colore ed un delicato aroma, ma si prestano anche per essere canditi, fritti in pastella o messi in gelatina. La “nouvelle cuisine” ha scoperto – o riscoperto – i fiori di questa specie, che vengono impiegati anche in prodotti da formo come impasti dolci o salati.

 

Le sommità della viola del pensiero selvatica, fiorite o meno, si raccolgono per gustarle in salutari insalate oppure possono rientrare nella composizione del nostro “prebuggiùn”

 

LA RICETTA

 

Viole del pensiero selvatiche candite

 

Per questa ricetta si potranno usare anche viole del pensiero coltivate, ma in tal caso è necessario accertarsi che non siano fiori trattati con prodotti di sintesi. Meglio utilizzare sempre e soltanto piante di cui si possa essere assolutamente sicuri.

 

Ingredienti:

Per la prima versione: viole del pensiero selvatiche o coltivate, acqua quanto basta, zucchero. Per la seconda versione:  viole del pensiero selvatiche o coltivate, acqua quanto basta, albume, zucchero a velo (o zucchero semolato).

 

Procedimento:

Prima versione: cogliere le viole con un pezzo di stelo, lavarle e lasciarle asciugare. In un pentolino far sciogliere dello zucchero con pochi cucchiai d’acqua fino a che sarà ben sciolto e ben caldo. Lasciare intiepidire, quindi tuffarvi le violette tenendole per lo stelo. Rigirarle bene, e posarle su un foglio di carta oleata, dove si lasceranno asciugare completamente (potranno essere necessarie dalle 12 alle 24 ore).

Seconda versione: sbattere molto bene l’albume con qualche goccia d’acqua, quindi stendere  con grande attenzione il bianco d’uovo sbattuto sui petali, utilizzando un piccolo pennello di setola e avendo cura di non rovinare i fragili petali. Stendere il composto sia da un lato che dall’altro, assicurandosi di coprire bene tutta la superficie. Spolverare accuratamente entrambi i lati con zucchero a velo in strato sottile. Lasciare asciugare quanto basta, dalle 12 alle 24 ore, su una griglia oppure su carta oleata.

La variante. A piacere, si può usare del comune zucchero semolato al posto dello zucchero a velo: il risultato sarà una maggiore trasparenza e visibilità dei colori.

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