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IL PRATO DI LAURA (40)

PARIETARIA, L’ERBA “SPACCAPIETRE” Una pianta che abita luoghi abbandonati, macerie, muri a secco, cigli stradali formando vere e proprie colonie. Vanta proprietà diuretiche fin dai tempi più antichi, antinfiammatorie, lenitive, cicatrizzanti e per la cura di tosse e forme asmatiche. Il suo polline può dar vita ad una delle allergie più comuni, occorre perciò attenzione […]

PARIETARIA, L’ERBA “SPACCAPIETRE”

Una pianta che abita luoghi abbandonati, macerie, muri a secco, cigli stradali formando vere e proprie colonie. Vanta proprietà diuretiche fin dai tempi più antichi, antinfiammatorie, lenitive, cicatrizzanti e per la cura di tosse e forme asmatiche. Il suo polline può dar vita ad una delle allergie più comuni, occorre perciò attenzione per chi ne soffre. In cucina rientra nel nostro “prebuggiùn”, ma viene impiegata anche per zuppe, frittate e ripieni.

 

LAURA BRATTEL

 

 

NOMI COMUNI: Parietaria, muraiola, erba murale, spaccapietre, erba vetriola

NOME SCIENTIFICO: Parietaria officinalis

NOME DIALETTALE QUILIANESE: canigèa o gambarùssa

 

FAMIGLIA: Urticaceae

 

DESCRIZIONE DELLA SPECIE

Pianta erbacea perenne con fusti eretti cilindrici e carnosi, fragili, spesso rossastri, talora lignificati alla base. Le foglie, provviste di lungo picciolo, hanno forma lanceolata terminante a punta e margine intero. La lamina fogliare inferiore è provvista di numerosi minuscoli peli ricurvi, per cui le foglie si attaccano facilmente alle mani e ai vestiti. Le infiorescenze sono raggruppate in densi glomeruli ascellari di colore tendente al verde, e sono composte di pochi fiori maschili e femminili e un maggior numero di fiori ermafroditi. Il frutto è un achenio di un millimetro circa, a forma ovoidale e di colore nero brillante.

 

Le foglie della parietaria hanno forma lanceolata terminante a punta e margine intero. I fusti, fragili e carnosi, sono spesso rossastri

 

Le infiorescenze della parietaria sono glomeruli verdognoli in cui sono presenti tre tipi di fiori: quelli maschili, quelli femminili e quelli ermafroditi

 

HABITAT

Specie che ama i terreni azotati frequentati dall’Uomo, la parietaria vegeta molto bene nei siti abbandonati, su macerie, ruderi, muri a secco, pareti, cigli stradali. Trovandosi in luogo idoneo, tende a formare estese colonie che tappezzano il suolo.

 

PROPRIETÀ OFFICINALI

La parietaria vanta proprietà diuretiche note fin dall’antichità, grazie ai suoi principi attivi, in particolare sali minerali, tannini, mucillagini, sostanze amare, flavonoidi e composti solforati. La specie presenta un alto contenuto di sali di potassio, specialmente nitrati, utili per il drenaggio dei liquidi attraverso l’apparato renale. La medicina popolare si è quindi avvalsa di questo rimedio per curare idropisie, nefriti, cistiti, edemi e per eliminare piccoli calcoli renali e vescicali. Tuttavia non esiste ancora uno studio clinico moderno a tal proposito. Un’altra preparazione a base di parietaria era il suo decotto o la tintura alcolica per l’eliminazione del catarro e la cura di tosse, bronchiti e forme asmatiche. Per uso esterno la parietaria veniva impiegata per cataplasmi ad azione lenitiva, antinfiammatoria e cicatrizzante su dermatiti, foruncoli, ragadi e piccole scottature. Per lenire il prurito e il bruciore conseguente al contatto della cute con le sostanze urticanti presenti nell’ortica giova l’utilizzo di quest’erba. Allo scopo viene consigliato di strofinare non troppo energicamente la parte lesa con la porzione aerea della pianta fresca, colta al momento. Il polline della parietaria dà luogo ad una delle allergie più comuni e diffuse, infatti la pianta ne produce una quantità immensa. Ne tenga conto chi ne soffre, ed eviti gli impieghi terapeutici ed alimentari, per non rischiare reazioni allergiche incrociate.

 

CURIOSITÀ E NOTIZIE STORICHE

La parietaria deve la sua denominazione al suo tipico habitat: muri e pareti, infatti, sono ambienti mai impossibili per la specie. Le radici riescono ad ancorarsi perfettamente alle superfici verticali, sfruttando minimi spazi e fessure, arrivando perfino a sgretolare i muri, da cui il nome di “spaccapietre”. Il nome popolare di erba vetriola, invece, è dovuto all’utilizzo che se ne faceva per lavare fiaschi e bottiglie in vetro. Ancora oggi nella nostra vallata quilianese gli anziani suggeriscono che non vi sia nulla di meglio per rendere tali superfici completamente lustre, nettate da qualsiasi traccia di residui di vino, aceto o altra sostanza di difficile pulizia. Vale la pena infatti ricordare che la parietaria mostra un discreto contenuto di saponine: a contatto con acqua tiepida e agitando per bene, essa è quindi in grado di liberare schiuma dal potere abrasivo e sgrassante, idonea a fare piazza pulita di tutte le incrostazioni. I peli presenti sulla pagina inferiore della foglia, poi, svolgono l’azione meccanica di pulitura. Non dissimilmente dagli anziani Quilianesi, Galeno, medico greco vissuto tra il I e il II secolo d.C., nella sua opera “De Naturalibus Facultatibus” (“Virtù dei Semplici Medicamenti”), scriveva: “Si nota la sua virtù astersiva sui vasi di vetro”. Questo potere detergente veniva sfruttato anche per la pulizia di cuoio e rame. Le foglie della parietaria, provviste di piccoli peli uncinati nella pagina inferiore, venivano usati dai bambini per un semplice gioco, che prevedeva di attaccarli a vestiti e tessuti, creando composizioni fantasiose. Come ricordato sopra, la parietaria è nota ed utilizzata fin dall’antichità. Teofrasto nel III secolo a.C. la citava quale specie alimentare, mentre Plinio il Vecchio e Dioscoride nel I secolo d.C. ne descrivevano le proprietà terapeutiche per l’eliminazione dei calcoli renali. Diffusa e apprezzata durante l’Impero Romano, la parietaria conobbe nuova fortuna durante l’Alto Medioevo ad opera degli Arabi, che ne perpetuarono l’uso. Nel XII secolo Platearius, ovvero Matteo Plateario il Vecchio, medico della Scuola Salernitana, nella sua opera “Liber de simplici medicina” ci informava che la parietaria “quando è secca non ha nessuna forza, ma verde ne ha di potente, poiché è diuretica ed aperitiva”.

 

La parietaria (Parietaria officinalis) deve la sua denominazione al suo tipico habitat: una minima fessura le è sufficiente per ancorarsi saldamente a muri e pareti

 

UTILIZZI IN CUCINA

I giovani getti della parietaria vengono raccolti ed impiegati per la preparazione di creme, minestroni, zuppe, frittate e ripieni. La specie rientra a pieno titolo nella composizione del nostro “prebuggiùn” ligure e per l’alto contenuto in clorofille è un ottimo ingrediente per ottenere la “pasta verde”. Il gusto è delicato, leggermente ferroso, secondo alcuni risulterebbe quasi insapore. L’aggiunta di alcuni ciuffi di parietaria al nostro misto di verdure selvatiche ne esalterà sicuramente le funzioni salutari. Il consumo va comunque effettuato in quantità limitata, poiché si tenga presente che la pianta contiene una certa quantità di saponine.

 

LA RICETTA

 

Gnocchi verdi

(Ricetta di famiglia)

 

Ingredienti:

1 kg di patate, 3 hg e mezzo di farina, un pugno di cimette di parietaria, un uovo, una presa di sale.

 

Procedimento:

Lessare le patate con la buccia, sbucciarle e passarle nello schiacciapatate facendole ricadere a fontana direttamente sulla spianatoia. Nel frattempo avremo lavato bene e sbollentato le cimette di parietaria, che andranno frullate insieme ad un uovo, fino ad ottenere una consistenza cremosa. Aggiungere la crema di parietaria alle patate schiacciate e quindi la farina e una presa di sale. Impastare ed amalgamare bene. Otterremo un panetto, che lasceremo riposare per qualche minuto sotto ad un canovaccio, spolverando di farina il nostro piano di lavoro. Prelevare una porzione del panetto e farla rotolare con le mani, per avere lunghi bastoncini di spessore adeguato, da tagliare a pezzetti della lunghezza di circa un centimetro. Procedere fino ad esaurimento dell’impasto. Con le dita far passare ciascun gnocchetto sui rebbi della forchetta, in modo da formare le tipiche scanalature sul dorso e la conchetta sotto, per prendere meglio il condimento.

In una capace pentola portare l’acqua ad ebollizione e gettare gli gnocchi, prelevandoli con una schiumarola quando affioreranno alla superficie. Condire a piacere. Per apprezzare meglio il sapore di questa pietanza delicata si consiglia una noce di burro e parmigiano grattugiato.

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