Il 7 novembre 1622 moriva a Quiliano il signor Bernardo Burotto, lasciando come unica erede la figlia Clara, moglie di Giuseppe Brignone. Col suo testamento del 28 ottobre 1622, il defunto ordinava alla figlia di erigere una cappella in un suo podere sito a Quiliano, vicina il più possibile alla sua casa di abitazione. Lasciava all’erede la facoltà di decidere le dimensioni dell’edificio, ma voleva che avesse una campanella all’esterno e che l’altare fosse ornato con un’ “ancona” dipinta.
TERESA PICCARDO
Nel 1623 Giuseppe Brignone, genero del Burotto, si rammaricava perché la costruzione dell’edificio sacro era ostacolata da una controversia sorta tra i parroci di Quiliano e Valleggia riguardante i rispettivi diritti sul terreno dove avrebbe dovuto sorgere la cappella.
Tuttavia questi ostacoli vennero in qualche modo superati dato che nella sua visita pastorale del 1634 il vescovo, mons. Spinola, trovò che la Cappella, dedicata a San Carlo, era in ordine e aveva tutti i requisiti richiesti per potervi celebrare giornalmente la santa Messa, come voleva il testatore.
Dalla relazione della visita pastorale si apprende che sopra l’altare principale si trovava un’ “ancona” con l’immagine di San Carlo, mentre su un secondo altare vi era “un crocifisso con S Agata e S. Apollonia” .
Nell’edificio furono celebrati anche i matrimoni dei membri della famiglia Brignone e di persone della servitù.
All’inizio del 1800 venne a mancare Luigi Brignone lasciando 5 figli in tenera età, bisognosi di tutela.
In questa situazione il patrimonio, amministrato da varie persone, si assottigliò e pertanto venne sospesa la celebrazione delle messe. Questa fu poi ripresa nei periodi successivi e proseguì con vicende alterne, fino all’inizio del Novecento.
L’8 agosto 1915 moriva, in seguito a ferite riportate in guerra, Giovanni Battista Brignoni: pertanto alla morte del padre , l’avvocato Giuseppe Brignoni, il patrimonio di cui la cappella faceva parte, passò nelle mani della figlia Maria Cecilia che, avendo sposato l’ingegner Mario Pasquali, viveva a Brescia.
La lontananza dal luogo d’origine deve aver favorito la decisione di vendere la proprietà.
La Cappella perse dunque la sua funzione originaria a tal punto che, alla seconda metà del Novecento, la decisione di demolirne una parte, per favorire l’allargamento della strada provinciale, non venne sentita come una perdita né da parte dei nuovi proprietari né da quella della popolazione della vallata.
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