LA FUGA IN FRANCIA NASCE QUILIANO
A un anno dalla morte della sua amata Anna Kuliscioff e deluso dal consolidamento del regime fascista, anche Turati, nel 1926 su pressione dei suoi compagni, decise di lasciare l’Italia. Le motivazioni della fuga di Turati le raccontò Sandro Pertini a Sergio Zavoli in un’intervista nel programma Rai Nascita di una dittatura del 1972
ELENA GIANASSO
“Dopo le leggi eccezionali l’Italia era diventata un gigantesco carcere e noi dovevamo fare in modo che Filippo Turati, che consideravamo la persona più autorevole dell’antifascismo, potesse recarsi all’estero e da lì condurre la lotta, accusando davanti al mondo intero la dittatura fascista.”
TURATI E PERTINI NASCOSTI A QUILIANO

«Fui io –racconta Pertini – a consigliare la fuga per mare con un motoscafo che sarebbe partito dalla mia Savona. Rosselli e Parri temevano che il litorale ligure fosse troppo sorvegliato. Ma io decisi di andare a Savona, in bocca ai miei nemici, e lì incontrai due esperti marinai, De Bova e Oxilia, ai quali va la mia gratitudine: essi mi confermarono che era possibile raggiungere la Corsica con un motoscafo capace di tenere l’alto mare. L’8 dicembre, eludendo ogni vigilanza, si riesce a condurre Turati nella mia città. Turati rimase nascosto con me a Quiliano, vicino a Savona, in casa di un mio caro amico, Italo Oxilia”. Dormivamo nella stessa stanza, Turati soffriva d’insonnia e passava le ore discorrendo con me della triste situazione creata dal fascismo e della necessità della sua partenza, ma anche dello strazio che questa partenza rappresentava per il suo animo.”

L’ARRIVO IN CORSICA E IL CARISMA DI TURATI
Alle prime luci dell’alba l’Oriens giunse in vista della costa corsa, non sul lato di Bastia come previsto, ma dalla parte opposta. I fuggiaschi, sfiniti, sbarcarono a Calvi, attirando subito l’attenzione della gendarmeria del porto. Alla richiesta rivolta al comandante dell’imbarcazione di identificarsi, si fece avanti Turati. Il suo nome bastò a rendere i gendarmi cordiali e premurosi. Il locale circolo repubblicano non appena apprese la notizia dello sbarco di una personalità così autorevole si affrettò a improvvisare una cerimonia di benvenuto. Nonostante la terribile notte appena trascorsa, Turati non si sottrasse, in un impeccabile francese tenne un breve discorso di ringraziamento: descrisse l’Italia in catene, inneggiò alla lotta per la libertà e salutò con riconoscenza la libera terra di Francia

PERTINI RIEVOCA L’ARRIVIO E L’ADDIO
«[…] Il Governo e i socialisti francesi ci diedero subito la loro solidarietà e il benvenuto. – ecco la testimonianza di Sandro Pertini – Molti giornalisti arrivarono a Calvi da Bastia e pubblicarono imprudentemente la notizia che Turati era arrivato in Francia con Carlo Rosselli e Ferruccio Parri. Pernottammo a Calvi, Turati voleva indurre Rosselli a restare con noi, a non far ritorno in Italia, ma vane furono le nostre insistenze. Così la mattina dopo il motoscafo ripartiva con Oxilia, De Bova, Boyancè e il giovane meccanico del motoscafo Ameglio. Con essi erano anche Parri e Rosselli. L’addio fu straziante. Ci abbracciammo senza pronunciare parola cercando di trattenere la profonda commozione. Rosselli toglie il tricolore che avevamo issato a bordo, e lo agita. È l’estremo saluto della Patria per Turati ed anche per me. Turati con gli occhi pieni di lacrime mi disse: “Io sono vecchio, non tornerò più vivo in Italia”. Rimanemmo sul molo finché potemmo vedere i nostri compagni.»
Il giorno seguente, dopo che il governo francese aveva accolto la loro richiesta di asilo politico, Turati e Pertini si imbarcarono sul postale per Nizza; Rosselli, Parri e il resto dell’equipaggio dell’Oriens fecero invece rotta per l’Italia. I giornali francesi, al contrario di quelli italiani che relegarono la notizia a un trafiletto nelle pagine più interne, diedero grande risalto alla fuga di Turati
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