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IL PROCESSO DI SAVONA  

Tra gli organizzatori della fuga di Turati e Pertini, che si erano nascosti a Quiliano, vi furono Camillo e Adriano Olivetti, Ferruccio Parri e, grande stratega, Carlo Rosselli. Questi due arrestati vennero processati a Savona. ELENA GIANASSO L’ARRESTO AL MOLO SCAMBIATI PER BANDITI Ferruccio Parri e Carlo Rosselli vennero arrestati al loro rientro in Italia […]

Tra gli organizzatori della fuga di Turati e Pertini, che si erano nascosti a Quiliano, vi furono Camillo e Adriano Olivetti, Ferruccio Parri e, grande stratega, Carlo Rosselli. Questi due arrestati vennero processati a Savona.

ELENA GIANASSO

L’ARRESTO AL MOLO SCAMBIATI PER BANDITI

Ferruccio Parri e Carlo Rosselli vennero arrestati al loro rientro in Italia dalla Corsica, mentre l’Oriens attraccava al pontile Walton di Marina di Carrara. Il loro aspetto lacero e trasandato dopo giorni di navigazione attirò l’attenzione della polizia, che li scambiò per dei complici del bandito Pollastri. Invano cercarono di far credere che stessero rientrando da una gita turistica; fu sufficiente un controllo con la questura di Milano per scoprire che nei loro confronti era stato emesso un mandato di cattura per la complicità nella sfortunata fuga di Ansaldo e Silvestri. A questa accusa si aggiunse poi quella relativa all’espatrio clandestino di Turati. Per il primo reato furono prosciolti, per il secondo furono invece rinviati a giudizio. Le indagini dell’OVRA e della polizia portarono anche all’arresto degli altri complici.

DAVANTI ALLA CORTE D’ASSISE

Il processo fu celebrato dalla Corte di Assise di Savona nel settembre del 1927. I magistrati membri del collegio giudicante, in un estremo sussulto di indipendenza della magistratura ordinaria rispetto al potere esecutivo, decisero di negare la natura “politica” dell’espatrio di Turati, il che permise loro di non dichiararsi incompetenti per i reati contestati agli organizzatori della fuga di Turati e ai loro complici, evitando così che essi dovessero comparire dinanzi al Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, istituito nel novembre del 1926 per reprimere gli oppositori del regime.

AL PROCESSO LA VERGOGNA DELLA CENSURA

I giornalisti furono ammessi alle udienze, ma la censura di regime fece sì che nelle pagine di cronaca giudiziaria dei quotidiani nazionali comparissero resoconti in cui gli imputati venivano descritti come dei comuni criminali, omettendo ogni accenno al significato politico della loro impresa. Le appassionate denunce pronunciate in aula da Parri e da Rosselli contro il fascismo vennero ridotte, da giornali pur autorevoli come “La Stampa”, a generiche e impacciate affermazioni «che vorrebbero giustificare la violazione della legge commessa dagli imputati.»

SAVONA SI SCHIERA CON GLI IMPUTATI

I savonesi riuscirono comunque a trovare il modo di esprimere la loro indignazione verso il regime. Nonostante la modesta capienza dell’aula, il pubblico dì tutti i ceti sociali, partecipò numeroso e non esitò a manifestare il proprio sostegno agli imputati. La partecipazione del pubblico e soprattutto la tempra morale di Rosselli, di Parri e dei loro avvocati trasformarono il processo in un atto di accusa contro il fascismo e le sue leggi liberticide, che si erano spinte sino a negare uno dei diritti più elementari dei cittadini come quello di espatriare. La giornalista inglese Barbara Barclay Carter, inviata dal Manchester Guardian, osservò: «Non è lui, Rosselli, l’imputato, ma tutto il fascismo, che egli inchioda alla sbarra»

CONFISCATI I BENI DI OXILIA A QUILIANO

Il Tribunale di Savona condannò Ferruccio Parri, Carlo Rosselli, De Bova e Boyancè a dieci mesi di carcere: una sentenza, rispetto alle previsioni, particolarmente mite: Rosselli, avendo già scontati otto mesi di reclusione, avrebbe potuto essere presto libero, ma le nuove leggi speciali permisero alla polizia di infliggergli altri 3 anni di confino, da scontare a Lipari. Anche Turati e Pertini vennero condannati in contumacia a dieci mesi per espatrio clandestino. Italo Oxilia fu condannato al confino in contumacia e gli venne confiscata la casa e il terreno a Quiliano lasciatigli in eredità dal padre

 

 

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