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SAN ROCCO E L’INCUBO DELLA PESTE

Nel 1632 Quiliano venne colpita dal morbo della peste. Poiché i Consiglieri della vallata non avevano la possibilità di riunirsi per provvedere alle necessità della popolazione, il Senato di Genova inviò un commissario perché affrontasse e, possibilmente, risolvesse i vari problemi legati alla pandemia. TERESA PICCARDO Vennero assunti un medico e un chirurgo, vennero istituiti […]

Nel 1632 Quiliano venne colpita dal morbo della peste. Poiché i Consiglieri della vallata non avevano la possibilità di riunirsi per provvedere alle necessità della popolazione, il Senato di Genova inviò un commissario perché affrontasse e, possibilmente, risolvesse i vari problemi legati alla pandemia.

TERESA PICCARDO

Vennero assunti un medico e un chirurgo, vennero istituiti posti di blocco ai “rastelli”, venne adibita a lazzaretto una zona nel quartiere della Noce. Per far rispettare le limitazioni imposte alla popolazione vennero inviati sul posto dodici soldati.

In questo clima di paura e di precarietà, poiché il morbo continuava a mietere vittime, i Quilianesi pensarono di chiedere la protezione del Cielo e, in particolare, dei Santi protettori dalla peste: San Sebastiano, San Rocco e Santa Rosalia, le cui reliquie erano da poco tempo giunte a Quiliano.

Due membri delle famiglie più abbienti del paese, i Pertusio e i Garavagno, con i loro testamenti costituirono un lascito per la costruzione di una cappella da edificarsi nel quartiere di Morosso, nella quale un cappellano avrebbe dovuto celebrare messe per le loro anime.

Ma nel 1634 la costruzione non è ancora iniziata: il vescovo mons. Spinola, in visita pastorale a Quiliano, ordina perciò a coloro che hanno cura dei legati di provvedere all’erezione dell’edificio.

Costruita la cappella, intitolata ai S.S. Sebastiano e Rocco, si incominciò a farvi celebrare le messe per le anime dei defunti.

Passano gli anni. Nel 1826 la cappella di San Rocco (questa è ormai la nuova denominazione) è diventata indecente, essendo stata del tutto abbandonata. Perciò il Priore e il Sottopriore della Confraternita di Quiliano chiedono al Vescovo il permesso di collocare nell’Oratorio il quadro di San Rocco e di cedere alla Confraternita i redditi della cappella così da poter celebrare degnamente la festa del Santo.

Insorgono però gli abitanti del quartiere di Morosso perché detti redditi sono necessari per rendere di nuovo produttivi i terreni inondati dalle piene dei torrenti e per provvedere alla manutenzione dell’edificio. Gli abitanti di Morosso ricordano inoltre che i discendenti dei fondatori della cappella, Garavagno e Pertusio, avrebbero potuto entrare in possesso dei beni lasciati dai loro antenati, se questi non fossero stati destinati all’uso indicato dai testatori.

In quella circostanza coloro che avevano dei debiti arretrati nei confronti della cappella si dichiararono disposti a pagarli, purché il denaro venisse usato per il restauro e gli abitanti del quartiere si offrirono di integrare la somma, ove fosse necessario.

I lavori sarebbero stati avviati dopo la costruzione dell’argine, già iniziata, che avrebbe difeso la cappella da altre piene. L’impegno preso dovette essere mantenuto, visto che nella relazione del 1844 il Parroco riferisce che nella cappella di San Rocco, opportunamente restaurata e fornita degli arredi necessari, si celebra sempre la Messa, anche nei giorni festivi.

Tuttavia la Cappellania della famiglia Pertusio cessò di esistere, prima perché il “patrono” s’impossessò di una terra inondata col pretesto di rifare l’argine, poi perché, nel 1867, i beni lasciati a quello scopo vennero svincolati dai due rami della famiglia.

Nel 1873, secondo il parroco don Cristoforo Torcello, il Demanio si era impossessato della cappella consegnandone le chiavi al Sindaco del Comune.

L’edificio venne poi acquisito dalla famiglia Delbono (i Castellani).

Ora la Cappella fa parte dei beni della Parrocchia di Quiliano e viene aperta al pubblico il giorno di San Rocco, il 16 agosto, quando vi si celebra con una Messa la festa del Santo e la popolazione del quartiere accoglie gli ospiti con un generoso rinfresco.

 

Foto di Piero Delfino

 

 

 

 

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