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ROSALIA, SANTA DI IMPORTAZIONE

Santa Rosalia, Quiliano, Genova, Palermo, un poker di nomi per una grande, antica e suggestiva storia. Una santa “ponte” attraverso il Mediterraneo. CHRISTIAN ALPINO Santa Rosalia, viene venerata come taumaturga. Dicono che il miracolo più importante sia stato quello di salvare Palermo dalla peste e per questo viene venerata ed è la patrona di quella […]

Santa Rosalia, Quiliano, Genova, Palermo, un poker di nomi per una grande, antica e suggestiva storia. Una santa “ponte” attraverso il Mediterraneo.

CHRISTIAN ALPINO

Santa Rosalia, viene venerata come taumaturga. Dicono che il miracolo più importante sia stato quello di salvare Palermo dalla peste e per questo viene venerata ed è la patrona di quella città. In ordine di grandezza e di importanza non sarà il secondo miracolo, ma sicuramente ha una sua importanza e non da poco, che la santa sia riuscita a legare la città siciliana con Quiliano, e se questo non si può ascrivere agli eventi straordinari, sicuramente lo si può spiegare con i legami forti e particolari che Quiliano (un volta) città di mare ebbe con la Sicilia.  Se quello di Santa Rosalia non sarà  stato un miracolo in assoluto lo si deve al ruolo importante che Genova ebbe con Palermo, al ruolo che i suoi uomini di potere ebbero con la Sicilia e con Quiliano. La storia di questa contiguità ha nomi importanti nel gotha genovese e intellettuale europeo (persino Gothe entra nella nostra vicenda) ed esistono numerosi punti  di contatto e analogie fra Palermo e Quiliano  dal culto della santa alla peste, alla presenza genovese.

La grotta del Monte Pellegrino a Palermo dedicata al culto della santa

GENOVA E QUILIANO, UNA STORIA E UN LEGAME ANTICHI

La grande protagonista è Genova, ma anche Quiliano svolge un ruolo importante nella vicenda.

Il periodo storico noto come “secolo dei genovesi” (1527-1627) è dovuto al fatto che numerose famiglie genovesi che operavano nel settore mercantile si erano arricchite cercando  nuovi traffici, possibilità di commercio e sbocchi imprenditoriali. Naturale, quindi,  quindi  che la “nuova” nobiltà cittadina genovese, orientasse i propri interessi anche alla Sicilia, porta naturale con l’Oriente e il nord Africa,  trasferendosi appunto a Palermo. Ciò è stato possibile non solo grazie alle numerose opportunità commerciali venutesi a creare in quel periodo, ma anche ai legami  tra queste famiglie emergenti e appartenenti al ceto mercantile ed alcune potenti famiglie genovesi quali ad esempio i Lomellini ed i Pallavicino.

In quel periodo poi è da registrare un altro fondamentale legame venutosi a creare tra Genova e la Sicilia, quasi una testa di ponte (non del tutto casuale), ed è quello della nomina a capo dell’Arcidiocesi di Palermo il 7 maggio 1609 del cardinale genovese Giannettino Doria, un nobile che aveva rapporti diretti con la corte spagnola ed il pontefice Urbano VIII, questo a sottolineare l’importanza del presule ed il suo notevole “peso” istituzionale.

Ma cosa assai importante, è il fatto che la “riscoperta” del culto di Santa Rosalia a Palermo è proprio dovuta al presule genovese a capo dell’Arcidiocesi.

La storia ci ricorda che nel 1624 la città di Palermo fu colpita da una terribile pestilenza (anche Quiliano fu colpita dallo stesso flagello, pochi anni dopo: nel 1631-1632), una pandemia con un altissimo costo di sofferenza e di vite umane.

Ed è proprio a questo punto della  vicenda che entra in gioco Rosalia  fanciulla di origine carolingia, che trovò il suo eremo sul Monte Pellegrino, ove poi sorse un santuario a lei dedicato. Invocata dalla popolazione siciliana perché fermasse la peste, al termine del contagio in terra di Sicilia, fu riconosciuto il miracolo di Rosalia, la quale, secondo la narrazione dell’epoca pose fine al contagio e alla malattia.

Una raffigurazione della Santa a Palermo

SANTA ROSALIA LA SANTA CONTRO LA PESTE

Il culto della santa a Palermo è attestato da documenti  a partire dal 1196, ed era diffuso già nel XIII secolo, però a ufficializzare il suo culto è stata la sconfitta della peste diventando la patrona di Palermo ed esautorando gli altri patroni della città, tra cui Cristina, Oliva, Ninfa e Agata.

Il culto ha inizio con il contagio. Mentre infuriava una terribile epidemia arrivata in città il 7 maggio 1624 da una nave proveniente da Tunisi  venne rivelato in visione a una donna il luogo dove si trovavano i resti mortali di Santa Rosalia. Questi, trovati il 15 luglio 1624, vennero portati nella camera del cardinale Giannettino Doria, Arcivescovo di Palermo. Il 13 febbraio 1625, la Santa apparve a un povero ‘saponaro’, Vincenzo Bonelli, che avendo perso la giovane consorte quindicenne a causa della peste nera, era salito sul Monte Pellegrino , luogo del culto della santa,  con l’intento di gettarsi giù dal precipizio prospiciente il mare per farla finita.

Al momento di mettere in atto il suo intento, gli apparve una splendida figura di giovane donna. Questa lo dissuase dal suo proposito esortandolo a pentirsi e  a informare il Cardinale Giannettino Doria che non si facessero più “dispute e dubbii” sulle sue ossa e che queste, infine, venissero portate in processione per Palermo e che, al loro passaggio e al momento preciso del canto del Te Deum, la peste si sarebbe fermata. Il cardinale gli diede credito e, il 9 giugno 1625 fece fare una solenne processione con le reliquie ritrovate l’anno prima e, secondo le fonti, durante la processione nella  finì la peste.

QUILIANO, LEGAMI COMMERCIALI E DIFFUSIONE DEL CULTO

A  giocare a favore della diffusione del culto di Santa Rosalia in Liguria furono sicuramente il vitale commercio tra Genova e la Liguria nonché l’origine ligure del cardinale Doria. Da notare che nel 1787 il Goethe, visitò il Santuario sul Monte Pellegrino, luogo del culto di santa Rosalia e  rimase sorpreso dell’acqua che stillava dalle pareti all’interno della grotta. A quel punto gli si avvicinò un sacerdote, chiedendogli se fosse genovese.  Eloquente episodio che ci conferma il legame tra Genova, la Liguria e Santa Rosalia. Ma, come detto poco sopra, ancora oggi a Quiliano  è diffuso il culto di Santa Rosalia. Questo perché le famiglie quilianesi Benso e Brignone avevano legami commerciali con Palermo e la Sicilia non meno delle famiglie genovesi.

I Brignone erano suddivisi in due rami: uno risiedeva presso i confini della parrocchia di Quiliano, nei pressi della Cappella di San Carlo, mentre l’altro ramo  a Tiassano, borgo medioevale di Valleggia di probabile origine romana. Proprio a Tiassano, i Brignone fecero costruire una cappella nell’anno 1600, inizialmente dedicata a San Sebastiano (protettore contro la peste): circa vent’anni dopo, attorno al 1620, la cappella fu dedicata all’Immacolata Concezione, intitolazione che esiste tutt’oggi. La cappellania Brignone, fondata appunto nel 1600 prima della costruzione della nuova chiesa, stabiliva l’obbligo di celebrare una messa nella chiesa del Ss. Salvatore o nella cappella dei “disciplinanti” (l’oratorio di San Sebastiano), oppure nella cappella di San Sebastiano che si stava costruendo a Tiassano.

Alla parrocchia di Valleggia fu traslata, tramite una di queste due importanti famiglie, una reliquia di Santa Rosalia, andata  perduta durante la Seconda Guerra Mondiale, nonostante l’allora parroco don Angelo Genta, avesse cercato di metterla al sicuro.

VALLEGGIA E I MIRACOLI DI SANTA ROSALIA

A Valleggia si racconta di un duplice miracolo, dovuto proprio a Santa Rosalia e alla sua reliquia. La tradizione di questo singolare avvenimento è  stata tramandata dal parroco G.B. Cerrino, che la scrisse in un registro parrocchiale del 1747: il 3 maggio del 1684 Mons. Vincenzo Maria Durazzo (Durazzo è un’altra potente famiglia genovese), vescovo di Savona, si trovava in visita pastorale alla chiesa di Valleggia.  Egli, trovando la reliquia di Santa Rosalia priva dei documenti che ne attestavano l’autenticità, ne sospese il culto.  Proprio in quel momento ed alla presenza del vescovo stesso e di tutta la popolazione, la campanella fissata sopra la porta della sagrestia avrebbe cominciato a suonare da sola,  continuando finché il vescovo,  convinto del miracolo, non riconfermò l’autenticità della reliquia.

Questo singolare avvenimento si ripetè il 18 giugno 1742, in occasione della visita pastorale di mons. Agostino Spinola (gli Spinola erano un’altra potente famiglia genovese). Persuaso anche dalla testimonianza di alcuni anziani che avevano assistito al precedente “scampanellio”, si trovò costretto ad approvare nuovamente il culto della Santa.

Nella chiesa parrocchiale del Ss.Salvatore e San Giuseppe di Valleggia, presso la seconda cappella di destra, nell’affresco di san Giuseppe si può ammirare la raffigurazione di Santa Rosalia, in basso a destra, facilmente riconoscibile grazie ai fiori ai suoi piedi.

IL QUADRO DI VAN DYCK DIPINTO DURANTE LA PESTE

Antoon Van Dyck era arrivato a Palermo nel 1624 su invito del vicerè spagnolo che voleva farsi ritrarre dal giovane ma già affermato artista di corte. Di lì a poco la città fu colpita da una pestilenza che provocò 10 mila morti, tra cui lo stesso vicerè, pari al 10 per cento della popolazione. Il pittore fiammingo aveva appena 25 anni e guardava con orrore dal suo isolamento la chiusura del porto, gli ospedali incapaci di reggere l’afflusso degli infetti, i lamenti dei malati e dei moribondi nelle strade.  Van Dyck dipinse la santa alla quale si appellavano i palermitani, quasi 400 anni fa, mentre vola gloriosamente sopra la città sostenuta da ali di cherubini sovrapponendo strati di pittura sopra un suo autoritratto non finito. Il quadro  è uno di cinque della santa creati dal pittore nei giorni della quarantena. I pittori hanno un modo tutto loro di pregare e come ex voto, questi sono davvero una meraviglia.
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